Giuditta e Oloferne

Un'opera straordinariamente bella, energica e allo stesso tempo impressionante è la “Giuditta e Oloferne” di Caravaggio, commissionata dal banchiere del sacro collegio cardinalizio Ottavio Costa nel 1599. L'opera è conservata alla Galleria nazionale di arte antica di Palazzo Barberini a Roma. La cosa non ci deve sorprendere perché Caravaggio era molto amato dai banchieri, come da Vincenzo Giustiniani, banchiere personale del Papa.
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Ottavio Costa era di Savona e venne a Roma con Juan Enrique Guerrera grande estimatore dei Carracci. Ad oggi, nell'archivio di Roma e Siena abbiamo le ricevute scritte in spagnolo dei pagamenti effettuati dai cardinali, in circa 100 volumi. Il banchiere Costa aveva ben 10 copie e 3 dipinti di Caravaggio, e questo della Giuditta era il suo preferito. Costa farà ben tre volte testamento, era ricco e famoso, infatti quando morì nel 1639 la notizia arrivò sino ai giornali. Dal punto di visto stilistico l'opera è vicina alla Cappella Contarelli ma purtroppo non abbiamo una data precisa della sua realizzazione. Insieme alla Santa Caterina, che è a figura intera, affronta il tema sacro raccontando una storia, cosa che nei quadri precedenti non aveva mai fatto. La modella della Caterina e della Giuditta è la stessa, si tratta di una cortigiana senese di nome Fillide.
Santa Caterina 
L'opera ha un taglio di ¾ e rappresenta una scena drammatica che si svolge nella tenda del capo degli Assisi, i quali si erano accampati nella terra dei Giudei per sottometterli. Fu mandata per questo la Giuditta nell'accampamento nemico e, ottenuta la loro fiducia, riuscì a far ubriacare Oloferne e ad ucciderlo con la sua stessa arma. Accanto a lei c'è la serva Abra che attende, con un panno in mano, che la giovane donna le dia la testa di Oloferne. Da notare il contrasto tra le due figure femminile, una giovane e bella, l'altra vecchia e scontrosa. La cosa più sconcertante a mio parere è il fatto che la Giuditta sembra esser nata per trovarsi qui, come fosse stato da sempre questo il suo destino perché non si scompone affatto mentre uccide Oloferne.
Gli orecchini che la Giuditta indossa potrebbero essere quelli che il committente Costa aveva regalato a sua figlia per il matrimonio con il figlio di Herrera. Furono probabilmente prestati a Caravaggio per inserirli nel dipinto, il quale fu esposto al matrimonio stesso.
Purtroppo per il dipinto abbiamo problemi di datazione, ma un fatto di cronaca ci aiuta a capire meglio. L'opera si lega infatti alla decapitazione di Beatrice Cenci del 1599. Figlia di un personaggio di dubbia fama, all'età di 18 anni, d'accordo con i fratelli e la matrigna Lucrezia Petroni uccide il padre. L'uomo probabilmente aveva rinchiuso la figlia e la compagna in un feudo per problemi ereditari.
Clemente Aldobrandini aveva da poco emanato un editto che condannava questi omicidi, punendoli con la morte. La bella fanciulla a differenza dei fratelli non chiese mai perdono. L'avvocato Prospero Farinacci cercò di aiutarla ma senza risultati poiché Aldobrandini avrebbe perso credibilità se l'avesse perdonata. Il carro con cui Beatrice venne portata al patibolo passò davanti alla banca di Ottavio Costa, quindi Caravaggio probabilmente l'aveva vista e ne era rimasto influenzato.
Questo fatto di cronaca è stata molto sentito dal popolo di Roma che portò addirittura i fiori al Gianicolo, luogo in cui era stato portato il corpo della giovane. Si ha quindi un parallelo tra la Giuditta che sconfisse il nemico e la giovane Beatrice che uccise il padre.


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