L'Arte come specchio della realtà: Chto Delat?

Il gruppo artistico Chto Delat? fu creato a Pietroburgo nel 2003. Iniziò la sua carriera con la pubblicazione di un giornale internazionale, il cui titolo è il loro stesso nome che, tradotto in italiano, significa Cosa si deve fare? Il termine deriva da un romanzo russo del XIX secolo dello scrittore Nikolai Chernyshevsky. Questo rimanda subito alla mente le auto-organizzazioni del primo lavoratore socialista in Russia, che Lenin attua nella sua pubblicazione What is to be done? del 1902. Il gruppo di artisti fu costituito durante una manifestazione chiamata “The Refoundation of Petersburg". L'intento di Chto Delat? è quello di politicizzare la "produzione di conoscenza", attraverso ridefinizioni di un'autonomia impegnata per la pratica culturale di oggi. Le loro opere riflettono ciò che l'arte poteva essere in un determinato momento, uno in cui la politica familiare e la vita quotidiana cominciano a cadere a pezzi. Gli ultimi eventi hanno gettato artisti russi e i lavoratori creativi in una realtà completamente nuova: una nuova atmosfera della Guerra Fredda, un confronto militare aperto con l'Ucraina che lascia migliaia di morti da entrambe le parti. La curatrice della mostra Time capsule: artistic report on catastrophes and utopia, Bettina Spörr, ha allestito la sala della Secessione viennese con opere nuove, come il Soldato risorto e il film The Excluded, e quelle meno recenti, come una serie di video fatti nel corso degli anni dal gruppo, sotto il nome di In a Moment of Danger
La loro arte parla di politica e di storia: il gruppo ha vissuto e, purtroppo, vive ancora la guerra tra Russia e Ucraina. Il soldato è soltanto un momento di utopia, è una capsula temporale: all'interno del suo cuore i membri del gruppo vi lasciano alcuni oggetti. Fanno questo pensando al futuro, aspettando che si compia. Per capire fino in fondo la storia di questo soldato, è necessario fare un passo indietro nel passato, esattamente nel giugno 2014. In occasione della manifestazione "Into the City", svoltasi a Vienna nel maggio e giugno dello scorso anno, il gruppo di artisti russo aveva proposto la scultura "Our papier soldier". Il festival austriaco si concentrava su temi politici e sulle pratiche di commemorazione inserite in uno spazio urbano. La scultura fu realizzata a modello di quella sovietica, fatta durante il periodo stalinista, in memoria del milite ignoto ucciso nella battaglia per liberare Vienna nel 1945. L'intera idea di quest'opera era quella di portare in primo piano la lotta contro il fascismo. L'impulso che diede vita a questa scultura arrivò dalla guerra in Ucraina, durante la quale si scontrarono il paradigma del XIX secolo, riguardo la costruzione della nazione e il mito del passato imperiale sovietico, che culmina nella vittoria dello Stalinismo sul Nazismo. Questo sanguinoso scontro ha messo in evidenza una vasta gamma di forze in Russia, le quali fanno della politica della memoria una speculazione sulla passata lotta antifascista, mescolata a nazionalismi di oggi.  Sullo scudo tenuto dal soldato è stato scritto "Azione antifascista", mentre sul casco "Ricordare significa combattere". 
Il soldato di carta, al termine del Festival, fu spostato a Berlino, dove fu visibile di fronte alla Haus der Berliner Festspiele. Purtroppo quest'ultimo rimase lì solo per una notte: alle prime luci dell'alba del 25 giugno fu completamente dato alle fiamme da persone ignote. Ecco perché, nella mostra alla Secessione Viennese, il gruppo Chto Delat? ha voluto riprodurre una scultura resuscitata, una sorta di zombie, che ritorna nella città dove fu acclamato. Il soldato diviene zombie, simbolo della catastrofe o forse di angelo della storia. Nella sala, in alto, sono presenti dei disegni che, attraverso una visuale narrativa, rimandano al sogno infranto del soldato nel momento in cui egli veniva bruciato. La figura infatti, in ogni battaglia, perde una parte del suo corpo: braccia, gambe e cuore.


Il ritratto di una cultura

Agnolo di Cosimo di Mariano Allori, soprannominato Bronzino, a causa dei suoi capelli color del bronzo, nacque a Monticelli di Firenze il 17 novembre 1503. L'artista morì a Firenze il 23 novembre 1572. Nel corso della sua vita si affermò come grande artista del Manierismo italiano. Il Bronzino viene soprattutto ricordato per i suoi ritratti, che secondo il Vasari: «furono naturalissimi, fatti con incredibile diligenza, e di maniera finiti che più non si può desiderare». Il ritratto della poetessa Laura Battiferri è un'opera nella quale sono racchiusi tanti significati. L'effigiata rimase vedova nel 1550 e, in seconde nozze, sposò lo scultore e architetto Bartolomeo Ammannati. Grazie a lui ebbe modo di poter entrare a far parte della cerchia di intellettuali dell'Accademia Fiorentina. Qui riuscì a coltivare ben presto un ottimo rapporto con il Varchi, il Lasca, Annibal Caro e lo stesso Bronzino, il quale, dal canto suo, provava sentimenti profondi nei suoi confronti. Una serie di sonetti, ci danno l'idea del rispetto e dell'ammirazione che scorreva tra le figure sopra citate: molti sono infatti gli elogi fatti per la persona e per il ritratto del Bronzino. La datazione del ritratto è ancora incerta, si pensa sia stato realizzato tra gli anni 1550 e 1560. Laura Battiferri è stata dipinta di profilo, con una sobria veste nera da cui si intravede una camicia, le cui pieghe creano un colletto arricciato. Molto semplice è la catenina d'oro, che porta al collo e va a scomparire nel vestito, come anche la sua capigliatura.
Due sono gli elementi fondamentali di questo dipinto: il suo profilo e il libro che ha tra le mani. Il profilo, adunco, non può non ricordare Dante. La mano destra di Laura apre un libro e con le dita della mano sinistra ci coinvolge nella lettura: scopriamo così che si tratta di due sonetti petrarcheschi, il LXIV e il CCXL.
In questo dipinto vi è una vera e propria dichiarazione nei confronti della cultura e delle tradizioni italiane. Il nome Laura ricorda Francesco Petrarca, il quale viene celebrato dalla rappresentazione dei suoi sonetti, e il viso della donna ricorda Dante, il sommo poeta. Attraverso i giochi di luce ed ombra, vengono sottolineati i tratti nobili della figura e le sue caratteristiche intellettuali. È giusto ricordare uno dei tanti emozionanti sonetti di questa poetessa:

Fra queste piagge apriche e chiusi orrori, 
presso un bel rio che mormorando stilla, 
lungi dal volgo in soletaria villa,
compart’io il tempo e i giorni miei migliori;

e più m’aggrada udir ninfe e pastori, 
quando Apollo da noi lontan sfavilla, 
che 'desti al suon dell’amorosa squilla,
van palesando i lor graditi amori,

e Maiano veder con tanti intorno
folti boschi, alti monti e verdi campi
e Mensola ch’al par dell’Arno corre, 

che quante melodie, pallazzi et ampi 
terri, rendon Fiorenza e ’l mondo adorno,
che ’nvidia e reo destin non mi pon torre.

Die Liebe der Kunst: l'amore ai tempi di Klimt

Gustav Klimt (Vienna 1862- Neubau 1918), fondamentale rappresentante e co-fondatore della secessione viennese è stato un artista che diede vita alla forma dello Jugendstil. L'opera d'arte Liebe, realizzata durante il suo periodo giovanile, rappresenta per Klimt una vera dichiarazione d'amore. Il dipinto ad olio su tela del 1895 si trova oggi all'Historisches Museum der Stadt Wien.
L'amore è rappresentato al centro del dipinto dalle figure degli amanti che, sospesi in uno sfondo scuro e misterioso, emergono deboli ma forte del loro amore. Per Klimt l'ideale di bellezza era rappresentata dalla donna: la femme fatale, giovane, erotica e seducente che nel corso della sua carriera artistica venne sempre di più rappresentata come fosse un essere angelico. Proprio nel dipinto Liebe possiamo notare come la figura femminile emerga molto di più, dallo sfondo scuro, rispetto all'uomo.
L'amore è eterno ma caduco, come le rose che si trovano sulla cornice dorata che circonda il dipinto. L'amore, caduco come la vita: in alto vi sono dipinte le età della donna che rappresentano lo scorrere del tempo. Il dipinto mostra un attaccamento al romanticismo, siamo infatti ancora lontani dallo stile unico e originale che caratterizzerà i dipinti della maturità dell'artista austriaco, anche se possiamo vedere un primo tentativo dell'uso del formato quadrato, qui espresso dalla cornice dorata. Dinanzi al dipinto ho provato inizialmente un forte sentimento rincuorante dovuta alla figura femminile, l'amore che scalda i cuori; successivamente mi sono resa conto della figura tetra dell'uomo e il cuore ha avuto un tremito, poi ho svolto il mio sguardo all'esterno e ho incontrato l'oro, colore lucente e vitale ma infine scorgendo le figure spettrali delle età della vita in alto sono ricaduta in una sorta di pessimismo. Emozioni che si susseguono e cambiano prospettiva nell'arco di qualche secondo. Non so se Klimt avesse un obiettivo particolare ma se l'intenzione era quella di suscitare forti emozioni, con me personalmente ha fatto centro.  

L'altare di San Giovanni da Nepomuceno: retaggio rinascimentale e freschezza barocca


L'altare raffigurante s. Giovanni da Nepomuceno, che si trova nella chiesa di S. Pietro a Vienna, è opera dello scultore vicentino Lorenzo Mattielli (Vicenza, 1687 – Dresda 1748). La sua figura, poco conosciuta, ha avuto un ruolo chiave nel diffondere il gusto barocco fuori dall'Italia, specialmente presso la corte imperiale di Vienna e il principato di Dresda. La raffigurazione del santo si trova a destra dell'altare maggiore e del presbiterio, in opposizione al pulpito ornato dorato di Matthias Steinl (1644- 1727), scolpito nel 1726, e che presenta in cima al baldacchino una rappresentazione della Santissima Trinità.

Esemplare è il modo in cui Lorenzo Mattielli sia riuscito a sfruttare la parte angolare dell'altare, dando vita a una straordinaria opera d'arte. Si può fruire di questo capolavoro sia frontalmente sia lateralmente, che mostrerà tra l'altro una prospettiva molto interessante. Il materiale utilizzato è il legno, poi dorato ed argentato per le sole parti delle nuvole e dell'acqua. Lo sviluppo dei volumi dei personaggi determinano la riflessione della luce sui corpi delle altre figure producendo giochi di luci ed ombre. Per come è descritta l'opera, si ha la sensazione che le figure si muovano e che esse producano un forte effetto drammatico e teatrale. In basso, il basamento presenta tre dipinti ad olio su tela: nel primo a sinistra viene rappresentato il santo, in quello centrale la morte dello stesso e infine a destra troviamo la santa Walpurg. 
Queste opere sono state posizionate lì, non soltanto per dare memoria al canonico, ma anche perché acquisiscono una funzione estetica ossia quella di nascondere i pilastri alla base dell'altare. Per comprendere al meglio la forza dell'opera bisogna conoscere la storia del santo Giovanni da Nepomuceno. Egli nacque in Boemia nel 1330 e iniziò i suoi studi ecclesiastici a Praga. Venne consacrato sacerdote dal vescovo della città. Il Re Venceslao lo volle a corte e fu nominato dalla consorte, Giovanna di Baviera, come suo personale confessore. Il Re, corrotto, temendo l'infedeltà della moglie, e confuso perché il canonico non avesse mai voluto svelare cosa la Regina dicesse durante i loro incontri, decise di ucciderlo. 
Ordinò ai suoi scagnozzi di gettarlo nel fiume Moldava durante la notte, in modo da non venire interrotti da un'eventuale ribellione popolare. Era l'anno 1393. Ciò che ci viene raccontato dallo scultore vicentino è l'esatto momento della morte del canonico boemo. Il Re, alla nostra destra, si erge fiero e potente e con la mano destra tesa ordina a suoi soldati di gettare il canonico dal ponte. 

Il Monarca viene rappresentato come un antico imperatore romano come si evince dalle vesti e dal portamento trionfante. La caduta del canonico è drammatica. Egli, precipitando dal ponte, viene a trovarsi in nuovo spazio, non più quello dell'altare, ma quello della chiesa. Attraverso questo espediente sembra che l'opera d'arte stia comunicando con noi spettatori per coinvolgerci maggiormente nell'azione. 

In alto troviamo la visione della Madonna, seduta su una corona di nuvole e circondata da angeli e putti. La Vergine guarda verso il basso ed osserva la caduta del santo, quasi fosse in attesa della sua venuta in cielo. 
Questa supposizione ce la suggerisce l'espressione dello stesso canonico: egli, nonostante il momento terribile della morte, sembra trovare finalmente pace. La presenza della Madonna scinde realmente dalla morte del santo, ma nonostante questo l'artista è stato capace di far dialogare assieme questi due eventi, sviluppandoli all'usino e creando un unico imperdibile momento. Osservando la figura della della Madonna, in basso a destra troviamo un angelo seduto su un capitello della chiesa.
Anch'essa è una figura chiave per l'opera: non solo rappresenta un punto di collegamento tra la scena del martirio sulla terra e la visione celeste, ma crea un dialogo tra l'altare e la chiesa stessa. L'opera tende a svilupparsi dall'alto verso il basso, fino ad invadere il nostro spazio, alla stregua di quegli artisti che, nel corso del Rinascimento, adottavano questi espedienti per rendere uniche le proprie opere d'arte. San Giovanni da Nepomuceno è qui raffigurato con il tipico abito dei canonici ossia l'almuzia con in mano il crocifisso. Normalmente il canonico viene rappresentato con la palma del martirio, che in questo caso è in mano ad un angelo poco più in basso. 
Secondo la leggenda inoltre, nell'istante in cui il canonico cadde, sul pelo dell'acqua e intorno al suo capo, apparvero cinque stelle e queste da quel momento divennero il suo simbolo. Presso il ponte Carlo a Praga (in ceco Karlův most), luogo della sua morte, è posta la sua scultura. 
Questa viene accarezzata giornalmente da fedeli e turisti in cerca di conforto e fortuna. Secondo la tradizione infatti, esprimere un desiderio, mentre si tocca con la mano sinistra la croce e le stelle contemporaneamente, vuol dire esaudirlo. L'altare di Lorenzo Mattielli è davvero un piccolo gioiello della città viennese che merita assolutamente una visita. La chiesa fonde gli stili e crea un unico spazio capace di impressionare i fedeli. Se si osserva la controfacciata, ma soprattutto le aperture create dalle torrette su cui poggia il tamburo della cupola, ci renderemo conto di come la chiesa stessa fu concepita come un enorme palcoscenico, come se fosse arricchita da balconate e gallerie teatrali. 
Tutto ciò che è stato analizzato rispecchia la società del tempo: nel Seicento infatti si sviluppò e si diffuse l'amore verso l'arte teatrale. Con il fiorire del Barocco, lo stile sfarzoso ed elegante si unì al gusto del dramma e della teatralità.



📷 Crediti fotografici: Sito della Peterskirche Wien
🔎Informazioni: Visita il sito 👉http://www.peterskirche.at/kirche-baugeschichte-fuehrung/johannes-von-nepomuk-altar
📚 Per approfondimenti: John Shearman, Arte e spettatore nel Rinascimento italiano, Jaca Book, Milano, 1995.