Sainte Chapelle: la luce del Gotico

Parigi: croissant, Seine, Eiffel, Moulin Rouge...ma c'è di più. La cappella del palazzo reale Sainte Chapelle, situata nell'Île de la Cité, è un piccolo, grande gioiello del XIII secolo. Fu commissionata da Luigi IX negli anni 1243-1248 ed è concepita come un reliquario per la corona di spine inviata direttamente da Costantinopoli. 
La pianta è molto semplice, è rettangolare con un abside poligonale e si sviluppa su due livelli. Sia all'interno che all'esterno gli elementi strutturali portanti sono ben visibili. Troviamo quindi la cappella superiore, la quale era usata dalla famiglia reale, e la cappella inferiore destinata al popolo. 
La cappella inferiore è alta meno di sette metri, ha tre navate separate da colonnine con capitelli scolpiti. L'abside è leggermente rialzato e presenta a sinistra la statua di San Luigi IX. Il soffitto presenta volte a crociere le quali sono decorate con gigli dorati su sfondo blu. I colori e gli ornamenti ricordano per certi versi lo stemma del Re di Francia.
La cappella superiore è una cosa spettacolare: a navata unica con un abside poligonale presenta cinque campate con alte volte a crociera. Le arcate cieche sono decorate con affreschi nella controfacciata. Al di sopra della cantoria, luogo destinato a chi cantava, si trova lo splendido rosone.
L'altare è un vero e proprio reliquario, troviamo infatti il ciborio che custodisce la corona di spine. Le vetrate ricoprono la maggior parte dello spazio nella cappella superiore, sono quindici e presentano scene dell'Antico Testamento. 
Il ciborio
La vetrata caratterizza questo periodo storico-artistico: attraverso di essa l'immagine che viene raffigurata prende vita solo in presenza della luce, la quale, come una magia, la attraversa. 


Ecce Homo e l'arte per tutti

"Ecce Homo". Così Ponzio Pilato esordiva, rivolgendosi ai Giudei. Antonio Ciseri ci offre un punto di vista davvero particolare: ci troviamo in mezzo alle persone più vicine all'allora governatore della provincia della Giudea e vediamo le persone al di là del parapetto che esultano per la flagellazione di Cristo. Per me non c'è bisogno di essere grandi critici o storici dell'arte per capire e ancor di più per apprezzare l'arte. Tutti possono avvicinarsi a questa disciplina. Amo l'arte perché sa emozionare lasciando ad ognuno di noi libera interpretazione ad ogni opera. Questa sarà negativa o positiva in base al nostro stato d'animo, all'età, al sesso. Concetto applicabile alla Mona Lisa per esempio: oggi la vedo sorridere perché son felice, domani seria perché sono stressata. Per me non deve esserci una sola realtà, un solo modo di amare l'arte. Non ho mai studiato il dipinto di Ciseri ma l'ho trovato per caso e mi ha colpito.
Ecce Homo 1891 - Palazzo Pitti a Firenze
Sembra quasi una fotografia: di fronte a noi ci sono delle strutture architettoniche antiche luminosissime, in contrasto con l'ambiente scuro in cui noi paradossalmente ci troviamo. Il punto di fuga del dipinto ci porta dritti alla figura di Ponzio Pilato che allunga la mano verso Cristo, quasi in secondo piano. Non tutte le figure che si trovano nello stesso nostro ambiente sono interessate alla scena come la donna che si allontana a destra. Chissà forse loro non sono d'accordo sulla decisione di crocifiggere Cristo o forse non hanno capito la gravità delle conseguenze che questo gesto porterà. Nonostante non sia un'opera di cui si parla molto secondo me doveva avere un po' di spazio nel mio blog, perché anche nelle piccole cose si possono trovare grandi emozioni.

Pontormo: la nuova coscienza di un luogo condiviso

Jacopo Carucci Pontormo nacque ad Empoli nel 1494 e fin da giovane ebbe una spiccata vena artistica. Lavorò dapprima nella bottega di Leonardo, poi con Piero di Cosimo e di Mariotto. Nel 1512 studiò alla scuola di Andrea del Sarto. La caratteristica principale del suo dipingere è il suo gusto anticlassico, che è alla base del manierismo, fondata sul colore timbrico, un disegno ritmico e su impostazioni spaziali diverse dalle tradizioni prospettiche. Ebbe molte influenze: Dürer per esempio, dal quale assorbe la cultura nordica. L'opera di cui tratterò in questo posto è la Deposizione di Cristo che si trova oggi in Santa Felicita a Firenze, nella Cappella Capponi. 
Quest'opera mi ha colpito moltissimo per i colori e il modo in cui vengono inseriti i personaggi nello spazio. È un'opera di rinnovamento rispetto alla tradizione del tempo. Se prendiamo in considerazioni infatti le classiche deposizioni, come quelle di Raffaello o Botticelli e giriamo l'asse allora avremmo davanti agli occhi proprio l'opera del Pontormo. Possiamo vedere come la Madonna è inserita in secondo piano, in un contesto che sembra irreale, un luogo in totale assenza di peso. I colori pastello e le poche ombre presenti nel dipinto danno una forte luminosità alla scena. 
Deposizione 1526-28
L'invenzione dell'artista è quella di mettere lo spettatore al centro dell'azione, si trova nello stesso spazio in cui da lì a poco le figure poseranno il corpo di Cristo, spazio in cui si trova l'altare e la camera sepolcrale. Siamo quindi di fronte a un nuovo modo di concepire l'opera: il dipinto e lo spettatore condividono lo stesso spazio. Questa è una nuova presa di coscienza degli artisti, capiscono che lo spettatore si rivolge alle opere stesse con le quali ha un rapporto. Perciò possiamo affermare che senza la presenza dello spettatore l'opera non avrebbe senso.