Conosciamoci!

Ciao a tutti! Già da un po' stavo pensando di fare questo post...mi piacerebbe scoprire quali sono le città, i paesi, le opere che più amate! Vorrei conoscere le vostre emozioni, le vostre passioni, e per questo vi chiedo di esprimere un'opinione al riguardo in modo da darmi anche qualche spunto per scrivere qualcosa di nuovo! 


Il Cenacolo

Tornando un po' indietro nel tempo vorrei raccontarvi la mia piccola gita a Milano lo scorso aprile 2013.
Sono andata nella capitale della moda italiana per un concerto ma, conoscendomi, sono rimasta un paio di giorni in più per visitare chiese e monumenti importanti della città lombarda!
La cosa a cui tenevo di più era vedere il Cenacolo di Leonardo da Vinci. Mi piace tantissimo il suo stile, la sua eleganza, la genialità che ha caratterizzato la sua vita! Devo dire che in questa occasione sono stata sbadata ma allo stesso tempo molto fortunata: non avevo idea infatti che si dovesse prenotare per poter vedere il Cenacolo e infatti era tutto pieno, ma aspettando un po' si è liberato un posticino e ho coronato il mio desiderio!
Ludovico il Moro, duca di Milano dal 1480 commissiona a Leonardo e Bramante il rinnovamento della chiesa di Santa Maria delle Grazie, in quanto voleva renderla un mausoleo per lui e la sua consorte. A Bramante viene affidata la tribuna mentre a Leonardo il refettorio.
Probabilmente la commissione a Leonardo è da datarsi intorno al 1494. La sua opera viene terminata sicuramente entro il 1497, data in cui Luca Pacioli cita l'opera nel suo "De divina proportione" dedicata proprio a Ludovico il Moro.
Il Cenacolo si trova su un lato corto della stanza e di fronte ad esso troviamo la crocifissione di Donato Montorfano. 
Crocifissione del Montorfano
L'opera di Leonardo non venne fatta ad affresco ma a tempera grassa su muro, una soluzione del tutto sperimentale del grande genio che però non ha portato molti benefici al suo stato di conservazione, infatti si può accedere al refettorio solo per 15 minuti e l'ingresso è limitato a poche persone, le quali vengono per così dire "risucchiate" dalla sporcizia e dall'anidride carbonica sulle vesti attraverso una stanza apposita. Un ultimo restauro, terminato nel 1998 da Pinin Brambilla Barcillon ha riportato alla luce le forme e il colore delle figure leonardesche che gli antichi restauri non erano riusciti a fare per paura di rovinare l'opera. Nei secoli precedenti infatti veniva inserita colla su colla per evitare che la pittura non si staccasse ma il risultato fu solo quello di scurire moltissimo le figure portandole ad essere marroni e a deformare la loro fisionomia. E' ovvio che Leonardo non avrebbe mai usato quel tipo di pittura! Bisognava togliere tutta la parte scura del dipinto e per questo fu usato il bisturi ma purtroppo ad oggi la pittura originaria è davvero poca e questa durante il restauro non venne reintegrata ma semplicemente ribassata. Durante il lavoro di Pinin Brambilla Barcillon sono stati inoltre ritrovati in alto gli stemmi della famiglia Sforza e degli elementi vegetali, i quali possiamo vederli anche nel Castello Sforzesco.
Il cenacolo prima del restauro


Il cenacolo dopo il restauro
Grazie alla copia dell'opera del suo allievo Giampietrino sappiamo che al lati non ci sono finestre, bensì arazzi! L'idea che voleva dare Leonardo era quella ovviamente della prospettiva, con un punto di fuga centrale e anche quello di continuare idealmente le mura del refettorio e la stessa cena dei domenicani.
Un'altra fonte importante per il Cenacolo è data dalla novella n°58 di Brandello, nipote del priore della chiesa, che ci parla del lavoro di Leonardo. Ci dipinge l'artista come discontinuo, in quanto la mattina si trovava a lavorare al Palazzo Reale per il monumento equestre a Francesco Sforza e a mezzogiorno correva in Santa Maria delle Grazie per salire sul ponteggio e dare qualche pennellata. A volte però Leonardo veniva qui soltanto per ammirare le sue figure.

Il Cenacolo leonardesco recupera l'opera di Andrea del Castagno che aveva già aveva narrato l'episodio nel 1447 che oggi si trova nella chiesa di Sant'Apollonia a Firenze.
Cenacolo di Andrea del Castagno
Particolare: Giuda 
Andrea del Castagno rappresenta la figura di Giuda isolata rispetto a Cristo e agli altri apostoli. La differenza tra Andrea e Leonardo sta proprio nel fatto che, il primo narra l'episodio in modo tradizionale, mentre il secondo inserisce Giuda assieme alle altre figure. Questo avvenne anche nell'opera di Beato Angelico, che si trova al Museo di San Marco a Firenze, in quanto per entrambi i committenti sono stati i domenicani.
L'Eucarestia di Beato Angelico
La critica in questo caso legge una dottrina dell'ordine dei domenicani: questi erano infatti vicini all'idea del libero arbitrio. Essi ritenevano che gli apostoli dovevano agire secondo la propria libertà personale. Quindi come ci sono gli apostoli che aderiscono in modo positivo alla causa di Cristo, c'è chi, come Giuda, lo fa in modo negativo.I domenicano volevano perciò sottolineare il principio di uguaglianza.

Il Cenacolo di Leonardo però non solo differisce per la composizione, che abbiamo scoperto è legata al volere dei committenti, ma si distacca dalle solite narrazioni in quanto egli non rappresenta il momento in cui Cristo spezza il pane ma prende in considerazione il vangelo di Giovanni capitolo 13, versetti 21-26. In questi versi Cristo annuncia agli apostoli che uno di loro lo avrebbe tradito. 

Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. 
Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 
Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Dì, chi è colui a cui si riferisce?».
Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».
Rispose allora Gesù: «E' colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.

L'artista rappresenta quindi, non tanto il momento del sacramento dell'Eucarestia, ma il problema umano del tradimento di Cristo. I discepoli vengono divisi in gruppi di tre, mentre parlano e si chiedono chi tra loro posso tradire Cristo. La frase viene pronunciata e capita meglio dagli apostoli più vicini e ovviamente meno da quelli lontani, questo perché negli stessi anni Leonardo stava cominciando ad avvicinarsi allo studio del suono e di come questo si dovesse propagare nello spazio. L'artista quindi applica lo studio fisco alla scena rappresentata. Giovanni solitamente viene rappresentato mentre si china sul petto di Cristo chiedendo se è lui il traditore, in questo caso invece è Pietro che lo obbliga a chiedere a Cristo chi è il traditore. Giuda viene rappresentato come detto tra gli altri apostoli con in mano la borsa con i soldi. Tommaso, a sinistra di Cristo ha un dito alzato per sapere se a tradirlo sarà solo un apostolo, come se non avesse colto appieno l'affermazione. 
Leonardo con quest'opera studia i moti dell'animo, i sentimenti che gli apostoli dovevano aver provato nel momento in cui Cristo fa la sua confessione. Leonardo cura moltissimo il dettaglio, della natura morta, delle ombre, delle tovaglie e le stoviglie. Cura che deriva sicuramente dall'arte fiamminga. Il volto di cristo è imberbe ma con i capelli lunghi.
Volto di Cristo prima del restauro
Volto di Cristo dopo il restauro
Inserisco infine un'immagine relativa agli studi che Leonardo faceva sul corpo umano, nel dettaglio quello della testa che servì per fare le figure degli apostoli.
Studio di testa
Fonti per le foto: il sito meraviglioso http://www.wga.hu/ 
Senza questo non vi avrei potuto far vedere le opere in quanto il Cenacolo non può essere fotografato a causa del suo cattivo stato di conservazione. 

Grazie mille per la vostra attenzione e buone visite a tutti!
Valeria 

La Cappella Brancacci

Per l'occasione del 1° novembre sono partita per Firenze e ho visto tantissime cose! Vorrei potervi raccontare ogni minimo particolare di questa stupenda esperienza ma dovrò limitarmi un pochino! Premetto che è la seconda volta nel giro di due anni che ho visitato la bellissima città toscana, ma stavolta l'ho guardata con occhi diversi. Infatti ad oggi mi trovo a frequentare il secondo anno accademico all'università in Beni Culturali e per un esame sto studiando proprio questo periodo.
La cupola del Brunelleschi vista dal campanile
Per questo post ho scelto di raccontarvi la bellezza, nella sua piccola dimensione, della cappella Brancacci. Questa si trova nella chiesa del Carmine dedicata alla beata Vergine del Carmelo. La chiesa non si trova nel traffico dei tanti turisti che assediano ogni giorno la bella Firenze, ma è spostata verso la "periferia" potremmo dire, nell'omonima Piazza del Carmine. La chiesa che vediamo oggi è frutto di numerosi interventi: la sua fondazione risale al 1268 da parte dei frati giunti a Firenze da Pisa, i lavori vengono terminati solo nel 1475, ma nonostante ciò la facciata rimane incompiuta, infatti ancora oggi si presenta con un grezzo paramento in pietra e laterizio. Negli anni successivi nascono il chiostro, il dormitorio, la sala capitolare, il refettorio e l'infermeria. Nel '500 subirà dei cambiamenti dovuto al Concilio di Trento. Tra il 1597 e il 1612 viene fatta la ristrutturazione del primo chiostro, motivo per cui non ci è giunto sino a noi l'affresco della "Sagra", opera di Masaccio. Nel 1771 un incendio distruggerà gli interni della chiesa ma fortunatamente la cappella Brancacci è una delle poche cose sopravvissute. Nella chiesa è presente inoltre la cappella Corsini, esempio raro del barocco romano a Firenze. Ed è proprio questo stile tardo barocco che caratterizza anche oggi l'aspetto della Chiesa. 
La cappella è piccola nella forma, ma grande nello stile e nel suo significato, celebra infatti la cristianità e la Chiesa. Questa è stata commissionata nel 1423 da Felice Brancacci. Alle Storie di San Pietro lavorano assieme Masolino e Masaccio. Però dal 1427 gli affreschi rimarranno incompiuti in quanto Masolino lascerà i lavori per partire in Ungheria con il Papa e Masaccio andrà a Roma. La cappella verrà poi terminata da Filippino Lippi negli anni 1481-83. Nel corso dei secoli successivi la cappella verrà rimaneggiata e purtroppo molte cose andranno perdute. Con il restauro degli anni '80 del Novecento è stato possibile recuperare la limpida e brillante cromia degli affreschi.

La parete sinistra era affidata a Masaccio la destra a Masolino. Roberto Longhi, importante critico d'arte nel '900 è il primo a fare una distinzione tra i due artisti nella cappella, l'opera è di Masaccio ma c'è la collaborazione di Masolino. 
Masolino nacque nel 1383, il suo nome di battesimo è Tommaso di Cristoforo di Fino. Nel 1423 si iscrive all'Arte degli Speziali. Esordisce come orafo con Ghiberti ed assorbe moltissimo la cultura tardogotica di Gentile da Fabriano, quindi l'elemento cortese, ma rimane comunque un pittore moderno. Muore nel 1440.
L'Adorazione dei Magi 1423 Uffizi, Firenze
Dettaglio dell'Adorazione dei Magi - corteo regale
Tommaso Cassai nacque nel 1401, viene definito Masaccio in quanto si vestiva in modo trasandato. Arriva a Firenze nel 1420 e si scrive all'Arte dei Medici e Speziali nel 1422. Muore nel 1428 e in soli sei anni di attività egli rivoluzionerà completamente la pittura! Inizialmente si è creduto che fossero allievo a maestro ma non è affatto così. 

Sulla parete sinistra della cappella, partendo da sinistra verso destra ci sono le seguenti storie: "La cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre" di Masaccio e "Il tributo" di Masaccio nella parte superiore, "San Pietro visitato in carcere da San Paolo" di Filippino Lippi e "La resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedra" di Masaccio e Filippino Lippi nella parte inferiore.
Nella parte centrale: "La predica di S.Pietro" di Masolino; "Il battesimo dei neofiti" di Masaccio nella parte superiore, "San Pietro risana con l'ombra" e "La distribuzione dei beni e la morte di Anania" nella parte inferiore, entrambi di Masaccio.
Infine, ma non per importanza, nella parete di destra troviamo: "La guarigione dello zoppo e la resurrezione di Tabita" di Masolino e "La tentazione di Adamo ed Eva" nella parte superiore, "La disputa dei Santi Pietro e Paolo con Simon Mago e la crocifissione di San Pietro" e " San Pietro liberato dal carcere" nella parte in basso.

Vorrei analizzare con voi alcune di queste opere, quelle più significative, sia per capire le differenze stilistiche tra questi due artisti sia per conoscere le novità che saranno protagoniste della pittura negli anni successivi. 

Le storie che vengono raccontate nella cappella sono quelle di Pietro ma troviamo due dipinti che esulano dalla vita del santo e trattano dell'origine dell'uomo.

Il peccato originale di Masolino ha uno stile ancora legato al tardogotico, con le figure molto delicate e irreali, sembrano quasi fluttuare nel dipinto stesso in quando il manto d'erba su cui dovrebbero poggiare è del tutto inconsistente, non c'è assolutamente plasticismo. E' una pittura ancora legata al mondo cortese come in Gentile da Fabriano di cui abbiamo parlato poco fa.





La cacciata di Adamo ed Eva, di Masaccio, ha invece tutto un altro stile! Le figure sono plastiche, realistiche ed esprimono una forte drammaticità. Masaccio riuscirà con quest'opera ad andare oltre la pittura che caratterizza questo momento storico, rivoluziona il suo senso più profondo. A lui infatti dobbiamo l'applicazione della prospettiva brunelleschiana in pittura, così come accade in scultura con il magnifico Donatello. Un esempio che vorrei farvi vedere è il S.Giorgio, commissionato per Orsanmichele dall'Arte dei corazzai e spadai nel 1417. L'opera originale non si trova nella nicchia della chiesa ma al Museo del Bargello. La cosa particolare dell'opera è lo spazio in cui il S.Giorgio si trova, sembra muoversi nella nicchia stessa in cui è stato creato, e soprattutto la predella in basso con la scena del santo che libera la principessa, in cui Donatello usa il rilievo stiacciato. Con questa tecnica egli tende a dare maggior risalto alle figure in primo piano e assottiglia progressivamente le forme retrostanti, come gli alberi, il cielo e l'architettura.
S. Giorgio - Donatello
Nel "Tributo" viene rappresentato l'episodio in cui Gesù viene fermato dal gabelliere, al quale era affidato il compito di riscuotere le monete prima di far entrare i fedeli al tempio. Per questo motivo Cristo, al centro dell'affresco, con la mano destra indica a Pietro di recarsi al lago per prendere una moneta che si trovava nella bocca di un pesce. Il gesto della mano di Cristo viene ripetuta da Pietro, a cui fa eco anche quello del gabelliere che è rappresentato di spalle. Sono tre i gesti, semplici, pochi ma significativi e sono tre anche i momenti ambientati nello stesso spazio scenico. La lettura dell'affresco non è paratattica, come si usava nel '300 il cui maggior rappresentante era Giotto, ma va dal centro, a sinistra e infine a destra, un ordine nuovo che ricorda molto quello sperimentato da Brunelleschi nella formella per il battistero di Firenze.
Il sacrificio di Isacco - Brunelleschi 1401
Gli edifici e il paesaggio in fondo sono in prospettiva e il cielo azzurro è attraversato da nubi bianche scorciate anch'esse. Questo paesaggio richiama la predella del S. Giorgio per Orsanmichele. L'elemento della tridimensionalità è data dall'uso della luce, la quale rende scultorei i corpi dei personaggi. L'opera, come già detto, è di Masaccio ma c'è un elemento che si distacca dal suo modo di dipingere: la testa di Cristo. Questa infatti è stata fatta fare, molto probabilmente, all'amico Masolino. Si evidenzia in questo modo il loro profondo legame, il rispetto e l'omaggio da parte di Masaccio.

Con questa cappella i due protagonisti arrivano e superano l'arte classica. Questo si evince soprattutto dalle figure plastiche e ben definite che troviamo nel "Battesimo dei Neofiti" nella parte centrale. Masaccio qui riesce in modo molto realistico a rappresentare l'anatomia umana grazie ai suoi studi sui cadaveri. Il corpo dell'uomo in ginocchio, nudo, tremante per il freddo sarà un modello da cui attingeranno i successori, fino ai manieristi. 

Infine vorrei parlarvi dell'affresco "La resurrezione di Tabita e la guarigione dello storpio". Nella stesso contesto urbano sono rappresentati due episodi della vita di san Pietro che vengono giustapposti fra loro, senza relazioni, da due figure giovani ben vestite che camminano per le strade che fanno da raccordo. Sono figure eleganti che vestono abiti contemporanei. Le figure sono state fatte da Masolino ma le architetture in fondo sono di Masaccio. Vasari sostiene nelle sue Vite che in questo affresco ci sia addirittura un autoritratto di Masaccio! 
Purtroppo il nostro viaggio in questo mondo fantastico, al limite col tardogotico e l'inizio di una nuova pittura termina qui, almeno per oggi!! 
Mi scuso per la qualità delle immagini, non è stato facile considerando che la cappella è piccolina e c'era molta gente! Mi auguro sia stato di vostro piacimento questo post e per adesso, come sempre, vi dico: buone visite a tutti e buona domenica!

Un grande museo ad un piccolo passo da Piazza Navona

In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, sabato 28 settembre, abbiamo visitato il Palazzo Altemps, una delle quattro sede del Museo Nazionale Romano. Si trova nel Campo Marzio in prossimità della chiesa Sant'Apollinare e vicinissima alla stupenda Piazza Navona, con i suoi tipici artisti di strada e la meravigliosa fontana dei quattro fiumi del Bernini. Il palazzo fu acquistato da Marco Sittico nel 1568, che fu vescovo e cardinale di Cassano nel 1561 circa. Negli anni successivi l'edificio passò nelle mani di altre famiglie ricche come quella dei Boncompagni.
Nell'edificio troviamo le collezioni della famiglie Boncompagni Ludovisi, Matteo, Drago, Altemps e un buon numero di opere egizie. Non sono presenti soltanto sculture, ma anche opere pittoriche. Molte delle sale infatti presentavano degli affreschi meravigliosi del Quattrocento, altri sono più antichi, risalenti probabilmente al periodo romano.

Le prima sale del palazzo Altemps sono dedicate alla collezione egizia. Ci sono opere in travertino rappresentanti gli Dei orientali come quella con il toro o la sfinge, la quale purtroppo è per una sola parte integra.  Molte statue degli Dei sono le stesse che abbiamo visto nella mostra al Colosseo in onore di Costantino.
Rilievo templare
Il rilievo proviene dal complesso egiziano di Behbeit el-Hagar e riusato nell'Iseo Campense. La scena raffigura il dono di un re ad alcune divinità tra cui Horos, Anedjti, Osiride e Nekhbet. Databile IV secolo a.c.
Sfinge acefala
La sfinge ha perduto la testa e le zampe anteriori, ma presenta tracce del copricapo regale. Molto dettagliati infine sono la criniera e le parti anatomiche. Quest'opera è datata al periodo tolemaico ossia al III secolo a.c.
Statua di torello Api
La statua del torello è della collezione Brancaccio: rappresenta il toro adorato a Menfi, in seguito associato al culto isiaco, durante il periodo romano. E' databile in età tolemaica, intorno al I secolo a.c.
Osiride Chonocrator
La statua di Osiride è della collezione Sciarra ed  è avvolta da un serpente, simbolo del perenne ciclo di morte e rinascita della vegetazione. La statua è databile al II secolo d.c.

Nelle successive sale si incontrano le statue rappresentanti i maggiori Dei romani, come Afrodite, e gli eroi mitologici come Eracle. 
Una statua che ci ha impressionato per la sua espressività e la cura dei dettagli, è stata quella dell'Ares.
Ares, figlio di Zeus ed Era, è qui rappresentato in questa copia romana, la cui originale greca risale al 320 a .c, forse di Lisippo o Scopa. La statua fa parte della collezione Ludovisi per questo viene detto Ares Ludovisi. L'opera è stata restaurata dal Bernini nel 1622 a cui aggiunse il piccolo amorino  ai suoi piedi. Il particolare della sua arma è davvero eccezionale, vista da vicino poi! 

Proseguendo la visita mi sono imbattuta in un'ampia sala in cui ho trovato una meravigliosa testa colossale di Demetra.
Nella stessa sala di Demetra ho avuto la possibilità di ammirare una delle opere maggiori del palazzo Altemps: il trono Ludovisi. L'opera è in marmo ed è databile circa al 460-450 a.c.
L'opera è del tutto originale in quanto non se ne trova una simile in nessun altra parte, purtroppo però ci è arrivata a noi in modo frammentario e non sappiamo dire quale fosse la sua forma originaria e cosa rappresentasse realmente il rilievo. Nella parte destra laterale, come si vede dall'immagine sotto, troviamo una donna nuda seduta su un cuscino in procinto di suonare un doppio flauto.


Il bassorilievo centrale accoglie probabilmente la nascita di Afrofite dalla spuma del mare, la quale viene accolta da due Horai. Queste rappresentano le divinità della natura e delle stagioni vestite con peplo, quella a sinistra e con chitone quella a destra.

Nel lato sinistro c'è un'altra figura femminile seduta su un cuscino ammantata che mette dell'incenso nel bruciaprofumi. Le due figure laterali si pensa rappresentino delle sacerdotesse del culto di Afrodite simboleggiando l'amor sacro e l'amor profano.
Il termine "trono" venne attribuito nel momento in cui l'opera fu ritrovata in via Sardegna. Si pensa fosse stato un trono di una divinità oppure doveva servire come recinto per una statua di culto colossale o ancora una balaustra di una scala e infine fu definita come altare. 
Un'altra lettura dell'opera è quella di attribuire la figura del bassorilievo centrale non ad Afrodite ma a Persofene e quindi al suo ritorno sulla terra in primavera ripercorrendo così il ciclo delle stagioni.

Proseguendo nelle ampie sale del palazzo sono giunta in una delle più grandi secondo me, al cui centro si imponeva altissimo e bellissimo il Galata suicida. E' un'opera di straordinaria espressività e di grande movimento. La statua è datata al 220 a.c e ci è giunta a noi grazie a questa copia romana del I secolo a.c.. L'opera è dello scultore pergameno Epìgono che, assieme al Galata morente, doveva trovarsi sulla terrazza del famoso altare di Pergamo. 

La statua è soggetta a diverse possibile vedute. Il Galata, soggetto al tipico movimento di avvitamento dell'età ellenistica, ha però un equilibrio sicuro dovuto alle gambe divaricate. Il suo busto e le gambe sono rivolte verso la sua sinistra e la testa rivolta a destra. Con il braccio destro immerge la spada tra le clavicole mentre con la sinistra sorregge il corpo di sua moglie che lentamente si abbandona alla morte. 

Sarebbe davvero molto lungo potervi raccontare di tutte le meravigliose opere che si trovano al Palazzo Altemps, però prima di lasciarvi vorrei inserire ancora un paio di foto!!

Nella parte inferiore del museo si incontrano diverse statue rappresentanti Dei ed imperatori e molti busti di filosofi. Uno dei busti che più mi ha colpito è stato quello di Antinoo. Certo non è un Dio, non è stato un imperatore romano e nemmeno un filosofo! E' stato semplicemente l'amante di uno dei più amati imperatori romani: Adriano. Bisogna dire che non aveva proprio dei brutti gusti!
Particolare del volto 
Infine volevo farvi vedere il cortile interno del palazzo e la bellissima loggia dipinta ad affresco del livello superiore. Gli affreschi sono quelli originari e si possono trovare anche nella chiesa dedica a Sant'Anicleto presente sempre nell'edificio Altemps. 
Particolare dell'affresco nel loggiato 


Spero vi sia piaciuta questa piccola gita virtuale in questo fantastico museo che merita davvero. Non ci ero mai stata e devo dire sono rimasta piacevolmente sorpresa! Spero possiate andarci il più presto possibile così potete dirmi se è piaciuto anche a voi! 
Buone visite a tutti, 
Valeria.  

Costantino 313 d.c

Nella giornata del 14 settembre 2013 sono stata al Colosseo per visitare la mostra su Costantino che celebra l'editto di Milano del 313 d.c, editto che ha dato libertà di culto ai cristiani. Fortuna ha voluto che fosse una splendida giornata settembrina, col caldo che scaldava l'aria ma con un vento frizzantino che ha fatto si che la visita non risultasse troppo pesante. La mostra era allestita al secondo piano del grande anfiteatro Flavio. Come detto la mostra intende celebrare il grande imperatore partendo dal famoso editto proclamato a Mediolanum dai due Augusti: Costantino e Licino, per poi andar oltre e soffermarsi anche alle grandi opere che Costantino nei suoi 31 anni di regno ha fatto.
La visita è stata divisa in diverse sezioni riguardante anche la vita a Roma durante il regno di Costantino. Si passa infatti dai ritratti dei grandi imperatori e generali alla magia e la superstizione del popolo romano, insomma una vera full immersion nel mondo latino!
La prima cosa che ha rapito il mio sguardo è stata la testa colossale di Costantino in bronzo con accanto la sua mano che regge il globo. Un'altra statua (o meglio resti), stavolta in marmo la possiamo trovare sempre a Roma, nel Palazzo dei Conservatori.

Spostandosi verso sinistra possiamo trovare la sezione che parla dei riconoscimenti degli imperatori, dagli scettri agli stendardi, sono oggetti davvero preziosi e che sono giunti sino a noi in maniera incredibilmente integri, o almeno alcuni di essi! Qui sotto in particolare ho messo una foto di uno scettro e più in basso alcuni elmi ad arco gemmato.
Un bellissimo murales si apre sul lato opposto e fa capire all'osservatore quanto grande poteva essere il regno di Roma...
In molti dei pannelli descrittivi è stato evidenziato come con Costantino è stato possibile, anche se per un breve periodo, l'utilizzo della tetrarchia. Essa consisteva nel decidere due Augusti e due Cesari che avrebbero governato, uno la parte occidentale e l'altra quella orientale, il regno romano. Questo fu fatto per evitare possibili litigi per l'eredità del potere imperiale. 
Questa immagine è solo una piccola parte dell'alta colonna che mostra le figure dei tetrarchi. Per far capir meglio come questo stile di governo potesse essere celebrato aggiungo qui un'altra foto, sicuramente più famosa: i tetrarchi in porfido rosso di Piazza S. Marco a Venezia.
Una sezione della mostra che mi è piaciuta molto è stata quella dedicata alla magia e le superstizioni nell'antica Roma. Molti erano infatti i miti e religioni orientali che arrivarono sino alla città capitolina. Alcuni Dei orientali vengono ripresi nelle mitologia di Roma come Iside, Dea della maternità e della fertilità per gli Egizi diviene Dea della Fortuna per i Romani
Iside Fortuna
Serapide
Demone leontocefalo
Eracle

Oltre alle statue, in una vetrinetta vi erano diverse pietre che per i romani erano magiche. Queste dovevano avere diverse funzioni, erano molto colorate, alcune piccole altre più grandi e su ognuna vi era rappresentata probabilmente la divinità in questione.


Un'altra importante sezione della visita è stata dedicata al monogramma di Cristo posto come insegna militare da Costantino, dopo la sua visione prima della battaglia di Ponte Milvio. Il simbolo è composto da due lettere sovrapposte, la "X" e la "P", che corrispondono alle lettere greche 'X' e 'p'. La sua massima diffusione fu dopo l'editto di Milano in quanto cominciò ad apparire nelle chiese e basiliche. Il simbolo comparve inoltre sulle monete coniate da Costantino oltre che, come detto, sugli stendardi. 
La frase che sintetizza il regno del grande Costantino è sicuramente: IN HOC SIGNO VINCES!
Il significato della frase lo si può trovare anche nel percorso dei fregi dell'Arco posto in prossimità del Colosseo. 
La storia dell'arco meriterebbe un post a parte (il che non è escluso prossimamente!), per cui mi limiterò a dire che durante la visita c'era un bellissimo video, poco più di qualche minuto, in cui veniva mostrata la grandiosità dell'arco e di come questo celebra il decennale regno di Costantino, ma soprattutto la vittoria di quest'ultimo a Ponte Milvio contro Massenzio. Accanto al televisore che mandava il filmato in italiano e in inglese c'era la riproduzione in "piccolo" dell'arco stesso (molti si ostinavano a fare la foto vicino ad esso...mi sono chiesta: perché farla qui davanti a un vetro quando quello reale è a due passi qui fuori? o.0). I fregi costantiniani narrano la partenza da Milano, la conquista di Verona, la battaglia di Ponte Milvio e infine l'ingresso trionfante nella città di Roma. 
Tornando indietro fino alla testa colossale di Costantino proseguo e trovo l'ultima sezione della mostra che tratta proprio dell'anfiteatro Flavio, di come funzionavano i montacarichi e cosa facevano i romani quando entravano a vedere i giochi. Tutto potevo immaginare ma non che le persone andavano al Colosseo per mangiare, stare in compagnia e cucire! Invece è proprio così, sono state infatti ritrovate ossi molto piccoli che fanno pensare a degli stuzzicadenti e aghi che le donne portavano con se per portarsi avanti con i propri lavori! Insomma i ludi non erano solo belve, cristiani e morte, era gioco, cibo, risate e chissà magari qualcuno in tutto quel caos riusciva anche a fare un pisolino..

Buon visite a tutti, 

Valeria