Il dipinto della Discesa di Cristo al Limbo del Bronzino: un focus letterario


Pensando alla Pasqua, in relazione alla Storia dell'Arte, vengono subito alla mente le immagini della Resurrezione di Cristo. Niente di più vero, ma quest'oggi vi proporrò una diversa chiave di lettura della festività. Le prossime righe saranno dedicate all'evento che precede di poco la vera e propria resurrezione ossia la discesa nel limbo da parte di Cristo, da cui risalirà attraverso la rinascita. Questo episodio è presente sia nel Vangelo, nello specifico nel Nuovo Testamento con i racconti di Paolo apostolo, sia nel Vangelo apocrifo di Nicodemo. Nella tradizione della Chiesa, Cristo scese negli inferi per liberare i giusti che attendevano il Salvatore, ma anche coloro che lì si trovavano poiché morti prima della venuta di Gesù e dunque senza battesimo. La vicenda venne descritta in maniera magistrale nel dipinto, olio su tavola, la Discesa al Limbo del Bronzino. 


Agnolo di Cosimo di Mariano Allori, detto il Bronzino a causa dei suoi capelli color del bronzo, nacque a Monticelli di Firenze il 17 novembre 1503. Il suo repertorio artistico spazia dalle opere religiose a quelle allegoriche e, come altri colleghi artisti quali Michelangelo, Benvenuto Cellini e Leon Battista Alberti, si dilettava anche nella scrittura lirica e in quella burlesca. Queste manifestazioni artistiche del suo animo sono il riflesso l'uno dell'altra: alcuni aspetti della sua pittura si possono riscontrare nei suoi versi, e viceversa. Per questa Pasqua incontreremo il Bronzino pittore religioso e non ci limiteremo ad osservare ed interpretare il dipinto in chiave puramente iconografica, bensì anche da un punto di vista letterario. Il dipinto del Cristo al limbo, eseguito nel 1552 per la cappella della famiglia Zanchini, fu concluso a soli due anni di distanza dalla pubblicazione dell'Editio princeps delle Vite del Vasari. Nell'edizione Torrentiniana, Bronzino non trova il suo meritato posto tra le innumerevoli vite, ma viene soltanto citato nella vita di Raffaellino del Garbo, pittore fiorentino, attraverso queste parole:

Andò ad imparare da costui i principii dell'arte nella sua fanciullezza Bronzino fiorentino, pittore, il quale si portò poi sì bene sotto la protezzione di Iacopo da Puntormo pittor fiorentino, che nell'arte ha fatto i medesimi frutti che Iacopo suo maestro, come ne fanno fede alcuni ritratti et opere di sua mano appresso lo il[l]ustrissimo et eccellentissimo signor duca Cosimo nella guardaroba, e per la illustrissima signora Duchessa la cappella lavorata in fresco; e vivendo e operando merita quelle infinite lodi che tutto dì se gli dànno.

La pala del Cristo al Limbo si trova oggi nella basilica di Santa Croce a Firenze, ed è attraverso essa che il Bronzino sembra rispondere alla critica fatta dal Vasari,  in quanto vi inserisce i volti del Pontormo e di Alessandro Allori. Nell'opera l'artista dipinge sé stesso sotto le spoglie del David, chiaro riferimento michelangelesco. 
Tra i personaggi troviamo inoltre le figure del circolo delle arti: Benedetto Varchi, raffigurato come ladrone buono, Giovan Battista Gelli come Abramo e Pier Francesco Giambullari come Mosè. Tra di esse figura anche il committente Giovanni Zanchini, nelle vesti di Noè mentre viene salvato da Cristo. Tra i concittadini ritrattati, sono presenti anche due figure femminili dell'epoca, una delle quali ha il seno scoperto, cosa che provocò non poche critiche. Infatti, a distanza di alcuni anni, Girolamo Savonarola, noto predicatore e religioso, aveva fatto di Firenze il teatro per le sue profezie. Attraverso i suoi sermoni aveva appoggiato un modello teocratico basato sulla purificazione della Chiesa e dei suoi messaggi. Per questo le figure del Bronzino furono aspramente criticate per le nudità carnali, che non erano ideali e opportune per un'opera sacra. In una scena sacra come questa il Bronzino riuscì ad unire il doppio registro che usa nella sua poesia: il lirico e il bernesco. Nel dipinto la figura di Cristo è centrale e si prodiga nel salvare le anime dei santi padri e degli amici dell'artista, riuscendo a scacciare le creature mostruose che scappano volando goffamente. 
Questo compito non è però esclusivo della sola figura di Cristo: una donna in basso, spostata leggermente a sinistra della scena, stende il braccio per aiutare chi è ancora bloccato fra le rocce, facendo salire quest’ultimi verso la luce. 

Una scena simile viene descritta nel terzo capitolo del Piato, poema letterario del Bronzino edito 1553. Il protagonista, durante il suo lungo viaggio attraverso il corpo del gigante Arcigrandone, viene accompagnato da una donna, che lo salva in diverse occasioni:

Ma quella saggia, ch'alla mia difesa Già s'era messa, lor disse: Genìa, Tornate indietro; e la man m'ebbe presa Bronzino continua ancora: Allor, fuggiti i pessimi e crudeli, Rialzai gli occhi e per vergogna il viso Non le mirai, ma solo i bianchi veli.

Il contesto in cui l'artista-poeta e la donna si trovano è terribile: 

Di strizzuoli e grifon, d'aquile e galli Vidi aver molti il capo, e di falconi, Di corbi e nibbi e smerghi e pappagalli.

Le figure descritte nel Piato sono dunque un chiaro recupero di quelle che vengono scacciate da Cristo e dalla donna velata nel dipinto. Continuando, il Bronzino scrive «non voleva lasciarmi andare», e continua «le dissi...tu potresti soccorrere a' meschini», riferendosi ai propri amici. La discesa al Limbo verrà citata e lodata dal Vasari soltanto nella seconda edizione delle Vite:

Avendo poi fatto Giovanni Zanchini, dirimpetto alla cappella de' Dini in Santa Croce di Firenze...allogò la tavola al Bronzino, acciò vi facesse dentro un Cristo disceso al Limbo per trarne i Santi Padri. Messovi dunque mano, condusse Agnolo quell'opera con tutta quella possibile estrema diligenza che può mettere chi desidera acquistar gloria in simigliante fatica. Onde vi sono ignudi bellissimi, maschi, femine, putti, vecchi e giovani, con diverse fattezze e attitudini d'uomini che vi sono ritratti molto naturali, fra ' quali è Iacopo Puntormo, Giovanbatista Gello, assai famoso Accademico fiorentino, e il Bacchiacca dipintore, del quale si è favellato di sopra. E fra le donne vi ritrasse due nobili e veramente bellissime giovani fiorentine, degne per la incredibile bellezza et onestà loro d'eterna lode e di memoria.

📷 Crediti fotografici:
- Basilica di Santa Croce http://www.santacroceopera.it
- Pala con la Discesa al Limbo del Bronzino © Fantarts 
🔎📚 Informazioni: © Valeria Renna, Tesi di Laurea Triennale Il Bronzino poliedrico: pittore e poeta a corte nel XVI secolo, Roma, 2016. 

L'affresco di San Severo: l'eredità di Raffaello

Raffaello nacque ad Urbino il 6 aprile 1483 e morì a Roma lo stesso giorno, nel 1520. La grandezza dello stile di Raffaello sta nella straordinaria eleganza e delicatezza di tocco, nella sensibilità grafica con cui rappresenta le azioni e nella chiarezza con cui inserisce le figure nello spazio. Il suo modus operandi si sviluppa sull'osservazione dell'antico e dei grandi maestri Leonardo e Michelangelo. Quello su cui oggi ci soffermeremo è la capacità di innovare e di rinnovare il modo di decorare le pareti e le volte delle stanze. L'unica opera che realizzò prima delle stanze vaticane è l'affresco della Cappella San Severo a Perugia, risalente al XV secolo, ed attigua alla chiesa e al convento occupati dai Camaldolesi fin dal XII secolo. 
L'affresco, che misura 389 x 175 cm, è l’unica opera dell’urbinate rimasta a Perugia, completata dopo la sua morte dal maestro Pietro Vannucci detto Perugino, a partire dal 1521. 
La parte superiore presenta la Trinità con sei santi, anche se quest'ultimi, a causa del pessimo stato di conservazione in cui si trovano, non sono facilmente riconoscibili. Per quanto concerne la parte inferiore, Perugino ha verosimilmente lasciato sull'affresco una traccia labile dell'idea del progetto raffaellesco, ma la difficoltà fu quella di rendere più omogenea possibile l’opera. Per far sì che ciò potesse accadere usò il seguente espediente: realizzò, nello spazio inferiore del dipinto, un basamento su cui giacciono in piedi i santi benedettini. Il luogo dove sono inserite le figure è delimitato da un alto cornicione che spezza la narrazione e che cela, dietro di sé, un cielo infinito. 
L’ambiente in cui i santi sono inseriti è totalmente irreale, eppure, se questi muovessero un arto, potrebbero entrare a far parte del nostro spazio reale. Questo gioco dimensionale era molto utilizzato nel corso del Rinascimento. Si pensi ad esempio alla Deposizione del Pontormo. Grazie a questo accorgimento Perugino riuscì a dare all'affresco un aspetto finale di armonia tra le parti. 

Infine, osservando attentamente l'opera è possibile individuare le caratteristiche che anticipano la composizione realizzata da Raffaello, tra gli anni 1508-1511, nella scena della Disputa del SS: Sacramento per la Stanza della Segnatura

📷 Crediti fotografici:
-Affresco di San Severo di Perugia © Web Gallery of Art
- La Deposizione del Pontormo © Fantarts 
- Disputa del SS. Sacramento © Musei Vaticani 
🔎 Informazioni: Visita il sito 👉 http://turismo.comune.perugia.it/poi/cappella-san-severo 
📚 Per approfondimenti segnalo: 
- John Shearman, Arte e spettatore nel Rinascimento italiano, Jaca Book, Milano, 1995.
- Konrad Oberhuber, Raffaello. L'opera pittorica, Elemond Electa Mondadori, Milano, 1999. 
- Federico Zeri, Dietro l'immagine. Conversazioni sull'arte di leggere l'arte, Tea, Milano, 1990.