Il ritratto di una cultura

Agnolo di Cosimo di Mariano Allori, soprannominato Bronzino, a causa dei suoi capelli color del bronzo, nacque a Monticelli di Firenze il 17 novembre 1503. L'artista morì a Firenze il 23 novembre 1572. Nel corso della sua vita si affermò come grande artista del Manierismo italiano. Il Bronzino viene soprattutto ricordato per i suoi ritratti, che secondo il Vasari: «furono naturalissimi, fatti con incredibile diligenza, e di maniera finiti che più non si può desiderare». Il ritratto della poetessa Laura Battiferri è un'opera nella quale sono racchiusi tanti significati. L'effigiata rimase vedova nel 1550 e, in seconde nozze, sposò lo scultore e architetto Bartolomeo Ammannati. Grazie a lui ebbe modo di poter entrare a far parte della cerchia di intellettuali dell'Accademia Fiorentina. Qui riuscì a coltivare ben presto un ottimo rapporto con il Varchi, il Lasca, Annibal Caro e lo stesso Bronzino, il quale, dal canto suo, provava sentimenti profondi nei suoi confronti. Una serie di sonetti, ci danno l'idea del rispetto e dell'ammirazione che scorreva tra le figure sopra citate: molti sono infatti gli elogi fatti per la persona e per il ritratto del Bronzino. La datazione del ritratto è ancora incerta, si pensa sia stato realizzato tra gli anni 1550 e 1560. Laura Battiferri è stata dipinta di profilo, con una sobria veste nera da cui si intravede una camicia, le cui pieghe creano un colletto arricciato. Molto semplice è la catenina d'oro, che porta al collo e va a scomparire nel vestito, come anche la sua capigliatura.
Due sono gli elementi fondamentali di questo dipinto: il suo profilo e il libro che ha tra le mani. Il profilo, adunco, non può non ricordare Dante. La mano destra di Laura apre un libro e con le dita della mano sinistra ci coinvolge nella lettura: scopriamo così che si tratta di due sonetti petrarcheschi, il LXIV e il CCXL.
In questo dipinto vi è una vera e propria dichiarazione nei confronti della cultura e delle tradizioni italiane. Il nome Laura ricorda Francesco Petrarca, il quale viene celebrato dalla rappresentazione dei suoi sonetti, e il viso della donna ricorda Dante, il sommo poeta. Attraverso i giochi di luce ed ombra, vengono sottolineati i tratti nobili della figura e le sue caratteristiche intellettuali. È giusto ricordare uno dei tanti emozionanti sonetti di questa poetessa:

Fra queste piagge apriche e chiusi orrori, 
presso un bel rio che mormorando stilla, 
lungi dal volgo in soletaria villa,
compart’io il tempo e i giorni miei migliori;

e più m’aggrada udir ninfe e pastori, 
quando Apollo da noi lontan sfavilla, 
che 'desti al suon dell’amorosa squilla,
van palesando i lor graditi amori,

e Maiano veder con tanti intorno
folti boschi, alti monti e verdi campi
e Mensola ch’al par dell’Arno corre, 

che quante melodie, pallazzi et ampi 
terri, rendon Fiorenza e ’l mondo adorno,
che ’nvidia e reo destin non mi pon torre.