Isabella d'Este e lo Studiolo: donna tenace e risoluta

Isabella d'Este nacque a Ferrara il 1 aprile 1474, figlia di Ercole d’Este ed Eleonora d'Aragona. Promessa sposa fin da piccola, all'età di soli 16 anni, nel 1490, si unisce in matrimonio con Francesco II Gonzaga, diventando di fatto la marchesa di Mantova. Nel 1494 inizia a pensare alla creazione di un grande progetto, lo Studiolo.
Isabella fu una delle più importanti figure del Rinascimento Italiano perché fu molto attiva nella corte Mantovana, dal punto di vista culturale e politico. Disegnava gioielli e vestiti, era una donna dai mille volti e molto determinata. Le caratteristiche più importanti da notare di Isabella sono sicuramente la sua forte propensione laica e archeologica e l'adesione ai principi e allo stile cortigiano. 
Ritratto di Isabella di Lorenzo Costa
Isabella in una lettera del 7 luglio 1506 alla cognata e duchessa di Urbino, Elisabetta Gonzaga da Montefeltro, esprime il suo dispiacere e rimpianto di non aver mai visto Roma, nonostante il suo amore verso il classico e l'antico: «… non voglio negare di havere desiderio di veder Roma, non per vedere la corte et natione diverse, che più di quello ho visto non potria vedere, ma per vedere le antiquità e famose ruine de Roma e contemplare quel che doveva essere quando triumphava un victorioso imperatore…».
Isabella alla fine riuscirà a vedere Roma tra l’ottobre 1514 e il marzo 1515 e ci ritornerà poi nel 1525, restando ancora «gagliarda e allegra» come riferito da un suo segretario, nonostante la sua non più giovane età.
Per quanto riguarda il progetto dello studiolo, questo è una grande opera d'arte! Il tema principale e l'unico presente al suo interno è l'amore. Questo è l'amore celeste, l'amore più puro e alto che non porta alla sofferenza. Per quanto riguarda i modelli, le fonti letterarie a cui Isabella attinge per commissionare i dipinti, sono del tutto contemporanei. Tra i maggiori troviamo: «Anteroticorum libri» di Pietro Eco del 1492, l'«Anteros» di Battista Fregoso del 1496 e il «Libro de natura de Amore» di Mario Equicola. Quest'ultimo risale al 1508, poco prima che Equicola si trasferisse alla corte di Mantova da Napoli. Successivamente con l'incontro di Isabella egli cambierà il testo e nel 1525, data della pubblicazione, lo dedicherà alla Marchesa. Nel suo libro molte pagine sono dedicate agli stilnovisti, ai provenzali e ai Triumphi del Petrarca.
Infine, ma non meno importanti, dobbiamo ricordare alcuni grandi nomi di artisti che aiutarono la crescita di questo meraviglioso Studiolo: Andrea Mantegna, che era l'artista di corte, Giovanni Bellini, molto amato da Isabella, Perugino, Lorenzo Costa, Gian Cristoforo Romano e Correggio.
Non solo dipinti ma anche letteratura, questo il concetto espresso da Pietro Bembo, in visita a Mantova nel giugno 1505, rivolgendosi ad Isabella. La Marchesa seguì il suo consiglio e inserì opere letterarie tra cui poesie d'amore. L'incentivazione della cultura, della poesia, della musica e delle arti erano fra l'altro prerogative della corte di Ferrara, corte molto più ricca e prestigiosa rispetto a Mantova. Grazie ad Isabella anche Mantova poté godere di sviluppo e prestigio a cavallo tra il XV e XVI secolo. Del Mantegna abbiamo tre dipinti: Il Parnaso del 1497, I Vizi cacciati dal giardino della Virtù del 1502 e Il Regno di Como. Quest'ultimo fu iniziato nel 1506 ma Mantegna morì e fu terminato da Lorenzo Costa ispirandosi al dipinto di Perugino.
Il Parnaso - 1497
Il regno di Como - 1511
Nel dipinto del 1502 possiamo trovare ai piedi della bellicosa Minerva la frase «Otia si tollas periere Cupidinis arcus». L' «Otia si tollas...» è tratto dai Remedia amoris di Ovidio, quindi in questo caso troviamo un riferimento letterario antico!
I Vizi cacciati dal giardino della Virtù - 1502 
Per quanto riguarda la scelta degli artisti, Isabella veniva costantemente informata ed era molto determinata a portare alla corte Mantovana i più grandi artisti della penisola del tempo. Nel caso di Perugino, Isabella notò l'elogio di Giovanni Santi nella sua Cronaca che lo definisce «divin pictore», e poi venne citato in una lettera di Ludovico il Moro dove parla degli artisti che si trovavano a Firenze e che potevano essere impiegati per la Certosa di Pavia. Tra questi, oltre Perugino, troviamo: Sandro Botticelli, Filippino Lippi e il Ghirlandaio.
A questo punto assodata la bravura del Perugino, tra lui e Isabella comincia a svilupparsi un rapporto epistolare, abbiamo infatti circa 60 lettere dei due. Quella del 19 gennaio 1503 è da ricordare: per un dipinto che verrà consegnato solo nel 1505, Isabella scrive al Perugino delle chiare direttive su come fare il dipinto della Battaglia di Castità contro Lascivia «La poetica nostra inventione, la quale grandemente desidero da voi esser dipinta, è una batagla di Castità contro di Lascivia, cioè Pallade e Diana combattere virilmente contro Venere e Amore. Et Diana al contrasto de Venere devene mostrarsi eguale nella vittoria; et Diana dalla face di Venere li habbia brusata la veste et in nulla altra parte sian fra loro percosse. Dopo queste quatro deità, le castissime seguace nimfe di Pallade e Diana habbino con varii modi e atti, come a voi piú piacerà, a combattere asperamente con una turba lascivia di fauni, satiri et mille varii amori. Ma per maggior vaghezza li vorebbe uno acomodato lontano, cioè uno fiume overo mare dove si vedessero passare in sochorso d’Amore, fauni, satiri et altri amori, e chi di loro notando passare el fiume e chi volando, e chi sopra bianchi cigni cavalcando, se ne venissero a tanta amorosa impresa. Ma parendo forse a voi che queste figure fussero troppe per uno quadro, a voi stia di diminuire quanto vi parerà, purché poi non li sia rimosso el fondamento principale, che è quelle quatro prime, Pallade, Diana, Venere, et Amore».
Battaglia di Castità contro Lascivia - 1505
Nel 1519 Francesco II Gonzaga muore e Isabella prende in mano la situazione politica della corte, come era già successo nel 1495 quando suo marito era in battaglia contro Carlo V e quando egli stesso fu prigioniero dei Veneziani. Inoltre la Marchesa decise di spostare la propria residenza, dal Palazzo Ducale a Corte Vecchia, per questo smonta e rimonta lo Studiolo. É in questa occasione che appare un'altra figura importante, il Correggio. Egli fece due dipinti sulle allegorie: il Trionfo della Virtù e il Tormenti dei Vizi. Entrambi sono databili 1531 circa.
Tormenti dei Vizi - 1531
Trionfo della Virtù  - 1531
 La maggior parte dei dipinti si trovano ad oggi al Louvre di Parigi, questo perché nel 1627 Carlo I Nevers, che fu duca di Mantova, donò le opere al cardinale Richelieu. Queste poi andarono al Re di Francia, Luigi XIV e solo dopo la rivoluzione raggiunsero il museo. 

Il battistero degli Ariani

Nel 476 venne deposto Romolo Augusto da Odoacre, Re degli Eruli, il quale divenne nuovo Re Italico. Nel 493 fu però sconfitto da Teodorico, capo degli Ostrogoti. Arrivato al potere stilò un programma di riqualificazione della città di Ravenna che prevedeva la costruzione di nuovi monumenti per il culto ariano. Teodorico fece erigere S. Apollinare Nuovo nel 505 e il battistero. Quest'ultimo viene detto degli Ariani per distinguerlo da quello degli ortodossi o Neoniano costruito da Galla Placidia circa cinquant'anni prima.
Nel 556 fu adattato ad oratorio del culto cattolico con il nome di S. Maria in quanto fu condannata la chiesa ariana e solo nel 1914 fu acquistato dallo Stato Italiano. Il battistero si presenta con forma ottagonale ed il piano originario si trova a 2,30 metri sotto al manto stradale.
Nel V secolo, con Galla Placidia ci si poneva il problema del conflitto tra tridimensionalità e bidimensionalità, ma ora con l'età di Teodorico abbiamo la netta vittoria della seconda.
Il programma iconografico della decorazione musiva della cupola è ripreso dal battistero Neoniano. Viene rappresentato il battesimo di Cristo che si trova nella parte centrale della cupola, in cui troviamo uno schema concentrico. Il programma musivo è ridotto a solo due fasce: quello degli apostoli che convergono verso il trono dell'Etimasia, in cui è presente lo schema radiale, suggerito dall'uso delle palme; e quello appunto del battesimo di Cristo. Quest'ultima parte è stata più volte rimaneggiata. Il ritmo della processione degli apostoli è come bloccato e la rappresentazione tende all'astrazione a causa del fondo oro. 
Analizziamo nel dettaglio le scene: al centro S. Giovanni battezza Cristo mentre la colomba emana dal suo becco lo Spirito Santo. Cristo è immerso nelle acque del Giordano, che viene personificato dal vecchio, che ha vicino a sé un otre da cui esce l'acqua e sul capo presenta le chele del granchio, simbolo delle divinità marine e fluviali. 
Nella fascia radiale vediamo gli apostoli spostarsi in direzione del trono, in attesa della venuta di Cristo, su cui troviamo una croce e un cuscino color porpora. S. Pietro, alla destra del trono porta le chiavi del Paradiso e S. Paolo, a sinistra due volumi. Tutte le figure sono abbigliate come gli antichi romani. Anche in questo caso come per il Mausoleo di Galla Placidia la cosa spettacolare è l'effetto che dà l'esterno, così sobrio, con i mosaici e lo sfarzo interno. In realtà rispetto a quello Neoniano, il battistero degli Ariani è meno riccamente decorato al suo interno. Vi consiglio vivamente di andare a vedere questa splendida città!