Don Bosco: una basilica tra storia e ricordi

🌻Un solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità🌻

✳️La storia✳️

La basilica di San Giovanni Bosco, situata nel quartiere Don Bosco-Tuscolana, fu realizzata nel corso degli anni Cinquanta del Novecento dal noto architetto siciliano Gaetano Rapisardi. Il 12 settembre 1952 il cardinale vicario Clemente Micara pose la prima pietra, ma i lavori veri e propri iniziarono circa un anno dopo. La chiesa fu inaugurata il 2 maggio 1959 e consacrata dal cardinale Benedetto Aloisi Masella, Protettore della Congregazione Salesiana il giorno successivo ⛪ In questa occasione papa Giovanni XXIII fece visita alla nuova chiesa per pregare davanti all’urna del santo torinese a cui era intitolato l’edificio sacro. Nel 1964 l’edificio fu ultimato secondo i piani originari.

✳️Curiosità✳️

La cupola della basilica di San Giovanni Bosco presenta una cupola che, come diametro, è la terza di Roma, preceduta soltanto da quella del Pantheon e quella della Basilica di San Pietro 🤩

✳️Chi era Don Bosco?✳️

Giovanni Melchiorre Bosco, meglio conosciuto come don Bosco (Castelnuovo d'Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888) fu un presbitero e pedagogo italiano. Fu inoltre fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Canonizzato da papa Pio XI nel 1934, è oggi considerato uno dei santi sociali torinesi.

Per maggiori informazioni sulla parrocchia e sulla figura di Don Bosco date un’occhiata al sito 👉 https://www.parrocchiadonbosco.it/

✳️Ricordi✳️

La basilica di Don Bosco è l’icona della mia infanzia. Ci passavo spesso quando andavo a trovare mia nonna che abitava in Via Giuseppe Chiovenda 🤗

Ogni volta che la vedo, anche soltanto attraverso le fotografie, emergono emozioni e ricordi legati agli anni più delicati della mia vita. Don Bosco è il mio "secondo" quartiere, e per questo, non lo dimenticherò mai 🌹


Il Museo del futuro: dove la natura completa l'arte e l'arte salva l'ambiente

L'arte di Jason deCaires Taylor proietta il suo spettatore direttamente nelle profondità dell'oceano. Nato nel 1974 da padre inglese e madre guyanese, trascorse la sua infanzia in Malaysia. Crebbe tra Europa e Asia, trascorrendo molto tempo tra i fondali marini, esplorando le barriere coralline. Studiò poi presso l’Accademia delle Belle Arti di Londra, diplomandosi nel 1998 con una tesi in scultura e ceramica. Nonostante questo non abbandonò mai la sua passione per l'oceano, ed anzi, attraverso essa ha costruito la propria poetica artistica. 

Le opere di Taylor sono delle vere e proprie barriere coralline, seppur in parte artificiali. Attraverso delle sculture accuratamente realizzate, e installate sul fondo del mare, è riuscito a ricostruire gli habitat naturali che stavano scomparendo. Ogni scultura viene creata usando un cemento durevole a pH neutro non tossico, privo di sostanze inquinanti nocive, le quali, una volta adagiati nell'acqua, diventa parte integrante dell'ecosistema locale.

Il carattere ruvido del cemento incoraggia le larve del corallo ad attaccarsi e prosperare, in questo modo si creano delle nicchie scure utili ad offrire riparo a pesci e crostacei. Tutto ciò viene costantemente controllato e verificato dagli esperti del settore: gli scienziati marini si assicurano infatti che le opere una volta immerse, abbiano un sano impatto ambientale sul territorio circostante. Tutta questa attenzione è fondamentale se si vuole dare una seconda vita a zone ormai prive di alcun essere vivente. Vicissitudes, scultura realizzata nel 2007, fa parte del gruppo di opere sottomarine di Molinere, presso Grenada. Le figure fecero immediatamente pensare si trattasse di un omaggio agli schiavi africani, gettati in mare durante il Middle Passage. L'intenzione di Taylor non era però questa, come dichiarò lui stesso, ma nonostante ciò l'istallazione ci parla forte e chiaro: la schiavitù non ha ragione di esistere. 

Nel 2009 l'artista inglese inizia la costruzione del Museo Subacuático de Arte, o più semplicemente MUSA, nelle acque che circondano Cancun in Messico. Il progetto è frutto della collaborazione dell'artista con Jaime Gonzalez Cano, del National Marine Park, e Roberto Diaz dell'associazione nautica di Cancun. Questo museo marino è composto da più di quattrocento sculture tra cui ricordiamo Hombre en llamas, ossia l'Uomo in fiamme, e Inertia. La prima scultura raffigura una uomo solitario in piedi, che presenta le fattezze fisiche di un pescatore messicano locale, chiamato Joachim, preso a modello dall'artista. L'uomo brucia, ma è inconsapevole della sua situazione, al pari di tutti gli uomini che non si rendono conto dell'emergenza ambientale che stiamo vivendo. La figura presenta settantacinque fori, realizzati per permettere ai coralli di fuoco, scientificamente i Millepora alcicorni, di poter crescere in un luogo sicuro. Questo tipo di corallo cresce velocemente e può avere colori diversi, dal giallo al marrone, ma la sua peculiarità è che provoca una sensazione di torpore se lo si tocca. Questa specie vivente, crescendo all'interno dei fori, darà vita ad uno straordinario gioco di forme: sviluppandosi verso l'esterno apparirà appuntito, come fosse una vera fiamma.

Inertia, anch'essa parte di MUSA, ci presenta un uomo obeso intento ad osservare la televisione sul divano, mentre mangia un hamburger di un fast food. La scena è una forte critica socio-politica nei confronti di coloro che ignorano l'ambiente, ma soprattutto di che si arricchisce a sue spese. 

Nel 2016 Taylor realizza Rubicon, un’installazione composta da più di trecento statue. Le figure camminano verso l'uscita, o l'entrata, di una cancellata alta trenta metri. Passare il Rubicone è per queste statue di significativa rilevanza. L'intera opera infatti, fa riflettere sull'importanza che hanno le scelte dell'uomo, in un periodo storico delicato come quello in cui stiamo vivendo. La cancellata rappresenta un confine, ed oltrepassarlo significherebbe prendere una decisione che, si spera per l'umanità, voglia significare consapevolezza e presa di coscienza di come l'uomo abbia distrutto, e di come possa ancora rimediare. In caso contrario, la catastrofe sarebbe inevitabile. 

L'oceano più profondo è un museo colmo di manufatti e resti antichi, come i relitti delle navi o gli oggetti perduti. Attraverso le opere di Taylor possiamo immaginare un futuro museo marino, animato da sculture che parlano e che fanno sperare in una umanità in grado di imparare e di migliorarsi. Per mezzo dell'arte si può creare qualcosa di positivo, in grado di ricostruire un ecosistema perduto o in via di estinzione. La critica rivolta alla società contemporanea da parte del'artista, vuole essere un monito per le generazioni future, ma allo stesso tempo lascia spazio al perdono e, attraverso di esso, si redime l'umanità, assicurandole una nuova speranza. 

Joseph Beuys: artista sciamano dalle sfumature ecologiche

Joseph Beuys, nacque il 12 maggio 1921 a Krefeld, in Germania. Fu performer, scultore, insegnante e teorico. Fu inoltre co-fondatore del Green Party ed artista partecipante nel gruppo Fluxus. Fin da bambino fu affascinato dalla natura, motivo per cui catalogava ossessivamente le piante selvatiche che trovava. Allo stesso modo, amava il folklore e i miti nordici, specialmente quelli riguardanti le creature dotate di potere mistico. Beuys infatti si identificava con quegli animali che riteneva fossero degli spiriti guardiani. Il mondo animale e naturale non è inteso da Joseph Beuys come un semplice sistema ecologico, bensì in connessione alla vita umana. 

Alcune sue performance potranno chiare meglio la questione: nel novembre del 1965 egli realizza Wie man dem toten Hasen die Bilder erklärt ossia Come spiegare la pittura a una lepre morta. La performance si basa proprio sul rapporto tra animale e uomo. La piccola lepre, ormai priva di vita, viene cullata e fatta camminare dall’artista stesso. Questi movimenti suggeriscono, poeticamente, la potenziale guarigione insita nell’arte, capace di salvare un'umanità in cerca di sé stessa. 

Nella performance I like America and America likes me del 1974, è invece il rapporto tra l’artista e un coyote ad essere oggetto di riflessione. L’animale, considerato dai nativi americani un Dio potente e capace di muoversi tra il mondo fisico e quello spirituale, incontra un Joseph Beuys avvolto da una coperta di feltro, con un cappello ed un bastone. Se all’inizio i due sembrano soffrire la vicinanza l’una dell’altra, col tempo il coyote accetta l’uomo e vi stabilisce una riconciliazione. A partire dagli anni Settanta Beuys organizza una serie di azioni di protesta ecologica. Iniziò salvando una foresta in pericolo vicino a Düsseldorf nel 1971. 

A partire dal 1982 invece, nella cittadina di Kassel, in occasione della manifestazione internazionale di arte moderna e contemporanea dOCUMENTA 7, Beuys, con l’aiuto di volontari, piantò 7000 querce accompagnandole da una pietra in basalto. L’obiettivo della sua azione era quello di alterare e stimolare gli spazi sociali della città, fisicamente, spiritualmente e metaforicamente. Nonostante la morte dell’artista, avvenuta nel 1986, la sua missione si concluse cinque anni dopo il suo inizio, in combinazione con l’edizione successiva della manifestazione dOCUMENTA.


La Città Eterna ed Audrey Hepburn

Il film Vacanze romane è stato girato da William Wyler nel 1953, e vede come protagonisti gli attori Gregory Peck e Audrey Hepburn, nei panni rispettivamente di Joe Bradley e della principessa Anna. Audrey Hepburn vinse l'anno successivo l'Oscar come migliore attrice protagonista. 
Non è un caso se quest'oggi sarà al centro del nostro articolo: il 4 maggio 1929 infatti l'attrice nasceva in Belgio. E cosa c'è di meglio dell'unione del ricordo per questa grande interprete del cinema, con la nostra amata Storia dell'Arte? Il titolo del film è eloquente: i nostri protagonisti si trovano nella città eterna, Roma, la quale ci viene mostrata da Wyler in tutta la sua bellezza. 
La narrazione è semplice e gli eventi si susseguono in maniera lineare: la principessa è in viaggio per l’Europa per motivi diplomatici e, dopo Londra, Amsterdam e Parigi, arriva a Roma. Dopo settimane di spostamenti, colazioni e cene ufficiali, la principessa avrà un esaurimento nervoso che verrà calmato soltanto da un sedativo. Non appena tutti i collaboratori di corte saranno usciti dalla sua stanza da notte, la principessa verrà invogliata dalle risate esterne ad uscire fuori per godersi la città. Ecco che inizia il nostro viaggio per le antichità romane. 
Dalla famosa via Margutta alla Fontanta di Trevi, passando per la scalinata di Trinità dei Monti e piazza di Spagna, la giovane principessa arriva in piazza della Rotonda accompagnata da Joe, un giornalista sotto copertura conosciuto soltanto la sera prima. Con il Pantheon negli occhi si godono caffè freddo e champagne presso il Caffè Rocca, oggi sostituito da un negozio di abbigliamento. A bordo dell’iconica Vespa i due protagonisti si spostano velocemente per la città: il Colosseo, l’altare della Patria, piazza Venezia, l’Ara Coeli, il Campidoglio, Teatro Marcello e la Bocca della Verità sono le bellezze che vengono impresse dalla telecamera. 
La serata bohémien si concluderà con una festa sul Lungotevere. La principessa rimarrà strabiliata dalla bellezza di Castel Sant’Angelo, e come darle torto! Dopo alcune peripezie, una fuga rocambolesca a ritmo di musica e adii, il film si conclude all'interno dell'imponente galleria di palazzo Colonna.
La grandezza di questo film non risiede soltanto nel fatto che i luoghi mostrati siano dei capolavori senza tempo, ma anche nella magistrale interpretazione di Audrey Hepburn. L'attrice ha reso la principessa Anna una donna dall’animo puro, elegante, ma allo stesso tempo frizzante e romantica, insomma una vera donna amante della vita e della sincerità dei rapporti umani.

📷 Crediti fotografici: Getty Images

Il dipinto della Discesa di Cristo al Limbo del Bronzino: un focus letterario


Pensando alla Pasqua, in relazione alla Storia dell'Arte, vengono subito alla mente le immagini della Resurrezione di Cristo. Niente di più vero, ma quest'oggi vi proporrò una diversa chiave di lettura della festività. Le prossime righe saranno dedicate all'evento che precede di poco la vera e propria resurrezione ossia la discesa nel limbo da parte di Cristo, da cui risalirà attraverso la rinascita. Questo episodio è presente sia nel Vangelo, nello specifico nel Nuovo Testamento con i racconti di Paolo apostolo, sia nel Vangelo apocrifo di Nicodemo. Nella tradizione della Chiesa, Cristo scese negli inferi per liberare i giusti che attendevano il Salvatore, ma anche coloro che lì si trovavano poiché morti prima della venuta di Gesù e dunque senza battesimo. La vicenda venne descritta in maniera magistrale nel dipinto, olio su tavola, la Discesa al Limbo del Bronzino. 


Agnolo di Cosimo di Mariano Allori, detto il Bronzino a causa dei suoi capelli color del bronzo, nacque a Monticelli di Firenze il 17 novembre 1503. Il suo repertorio artistico spazia dalle opere religiose a quelle allegoriche e, come altri colleghi artisti quali Michelangelo, Benvenuto Cellini e Leon Battista Alberti, si dilettava anche nella scrittura lirica e in quella burlesca. Queste manifestazioni artistiche del suo animo sono il riflesso l'uno dell'altra: alcuni aspetti della sua pittura si possono riscontrare nei suoi versi, e viceversa. Per questa Pasqua incontreremo il Bronzino pittore religioso e non ci limiteremo ad osservare ed interpretare il dipinto in chiave puramente iconografica, bensì anche da un punto di vista letterario. Il dipinto del Cristo al limbo, eseguito nel 1552 per la cappella della famiglia Zanchini, fu concluso a soli due anni di distanza dalla pubblicazione dell'Editio princeps delle Vite del Vasari. Nell'edizione Torrentiniana, Bronzino non trova il suo meritato posto tra le innumerevoli vite, ma viene soltanto citato nella vita di Raffaellino del Garbo, pittore fiorentino, attraverso queste parole:

Andò ad imparare da costui i principii dell'arte nella sua fanciullezza Bronzino fiorentino, pittore, il quale si portò poi sì bene sotto la protezzione di Iacopo da Puntormo pittor fiorentino, che nell'arte ha fatto i medesimi frutti che Iacopo suo maestro, come ne fanno fede alcuni ritratti et opere di sua mano appresso lo il[l]ustrissimo et eccellentissimo signor duca Cosimo nella guardaroba, e per la illustrissima signora Duchessa la cappella lavorata in fresco; e vivendo e operando merita quelle infinite lodi che tutto dì se gli dànno.

La pala del Cristo al Limbo si trova oggi nella basilica di Santa Croce a Firenze, ed è attraverso essa che il Bronzino sembra rispondere alla critica fatta dal Vasari,  in quanto vi inserisce i volti del Pontormo e di Alessandro Allori. Nell'opera l'artista dipinge sé stesso sotto le spoglie del David, chiaro riferimento michelangelesco. 
Tra i personaggi troviamo inoltre le figure del circolo delle arti: Benedetto Varchi, raffigurato come ladrone buono, Giovan Battista Gelli come Abramo e Pier Francesco Giambullari come Mosè. Tra di esse figura anche il committente Giovanni Zanchini, nelle vesti di Noè mentre viene salvato da Cristo. Tra i concittadini ritrattati, sono presenti anche due figure femminili dell'epoca, una delle quali ha il seno scoperto, cosa che provocò non poche critiche. Infatti, a distanza di alcuni anni, Girolamo Savonarola, noto predicatore e religioso, aveva fatto di Firenze il teatro per le sue profezie. Attraverso i suoi sermoni aveva appoggiato un modello teocratico basato sulla purificazione della Chiesa e dei suoi messaggi. Per questo le figure del Bronzino furono aspramente criticate per le nudità carnali, che non erano ideali e opportune per un'opera sacra. In una scena sacra come questa il Bronzino riuscì ad unire il doppio registro che usa nella sua poesia: il lirico e il bernesco. Nel dipinto la figura di Cristo è centrale e si prodiga nel salvare le anime dei santi padri e degli amici dell'artista, riuscendo a scacciare le creature mostruose che scappano volando goffamente. 
Questo compito non è però esclusivo della sola figura di Cristo: una donna in basso, spostata leggermente a sinistra della scena, stende il braccio per aiutare chi è ancora bloccato fra le rocce, facendo salire quest’ultimi verso la luce. 

Una scena simile viene descritta nel terzo capitolo del Piato, poema letterario del Bronzino edito 1553. Il protagonista, durante il suo lungo viaggio attraverso il corpo del gigante Arcigrandone, viene accompagnato da una donna, che lo salva in diverse occasioni:

Ma quella saggia, ch'alla mia difesa Già s'era messa, lor disse: Genìa, Tornate indietro; e la man m'ebbe presa Bronzino continua ancora: Allor, fuggiti i pessimi e crudeli, Rialzai gli occhi e per vergogna il viso Non le mirai, ma solo i bianchi veli.

Il contesto in cui l'artista-poeta e la donna si trovano è terribile: 

Di strizzuoli e grifon, d'aquile e galli Vidi aver molti il capo, e di falconi, Di corbi e nibbi e smerghi e pappagalli.

Le figure descritte nel Piato sono dunque un chiaro recupero di quelle che vengono scacciate da Cristo e dalla donna velata nel dipinto. Continuando, il Bronzino scrive «non voleva lasciarmi andare», e continua «le dissi...tu potresti soccorrere a' meschini», riferendosi ai propri amici. La discesa al Limbo verrà citata e lodata dal Vasari soltanto nella seconda edizione delle Vite:

Avendo poi fatto Giovanni Zanchini, dirimpetto alla cappella de' Dini in Santa Croce di Firenze...allogò la tavola al Bronzino, acciò vi facesse dentro un Cristo disceso al Limbo per trarne i Santi Padri. Messovi dunque mano, condusse Agnolo quell'opera con tutta quella possibile estrema diligenza che può mettere chi desidera acquistar gloria in simigliante fatica. Onde vi sono ignudi bellissimi, maschi, femine, putti, vecchi e giovani, con diverse fattezze e attitudini d'uomini che vi sono ritratti molto naturali, fra ' quali è Iacopo Puntormo, Giovanbatista Gello, assai famoso Accademico fiorentino, e il Bacchiacca dipintore, del quale si è favellato di sopra. E fra le donne vi ritrasse due nobili e veramente bellissime giovani fiorentine, degne per la incredibile bellezza et onestà loro d'eterna lode e di memoria.

📷 Crediti fotografici:
- Basilica di Santa Croce http://www.santacroceopera.it
- Pala con la Discesa al Limbo del Bronzino © Fantarts 
🔎📚 Informazioni: © Valeria Renna, Tesi di Laurea Triennale Il Bronzino poliedrico: pittore e poeta a corte nel XVI secolo, Roma, 2016. 

L'affresco di San Severo: l'eredità di Raffaello

Raffaello nacque ad Urbino il 6 aprile 1483 e morì a Roma lo stesso giorno, nel 1520. La grandezza dello stile di Raffaello sta nella straordinaria eleganza e delicatezza di tocco, nella sensibilità grafica con cui rappresenta le azioni e nella chiarezza con cui inserisce le figure nello spazio. Il suo modus operandi si sviluppa sull'osservazione dell'antico e dei grandi maestri Leonardo e Michelangelo. Quello su cui oggi ci soffermeremo è la capacità di innovare e di rinnovare il modo di decorare le pareti e le volte delle stanze. L'unica opera che realizzò prima delle stanze vaticane è l'affresco della Cappella San Severo a Perugia, risalente al XV secolo, ed attigua alla chiesa e al convento occupati dai Camaldolesi fin dal XII secolo. 
L'affresco, che misura 389 x 175 cm, è l’unica opera dell’urbinate rimasta a Perugia, completata dopo la sua morte dal maestro Pietro Vannucci detto Perugino, a partire dal 1521. 
La parte superiore presenta la Trinità con sei santi, anche se quest'ultimi, a causa del pessimo stato di conservazione in cui si trovano, non sono facilmente riconoscibili. Per quanto concerne la parte inferiore, Perugino ha verosimilmente lasciato sull'affresco una traccia labile dell'idea del progetto raffaellesco, ma la difficoltà fu quella di rendere più omogenea possibile l’opera. Per far sì che ciò potesse accadere usò il seguente espediente: realizzò, nello spazio inferiore del dipinto, un basamento su cui giacciono in piedi i santi benedettini. Il luogo dove sono inserite le figure è delimitato da un alto cornicione che spezza la narrazione e che cela, dietro di sé, un cielo infinito. 
L’ambiente in cui i santi sono inseriti è totalmente irreale, eppure, se questi muovessero un arto, potrebbero entrare a far parte del nostro spazio reale. Questo gioco dimensionale era molto utilizzato nel corso del Rinascimento. Si pensi ad esempio alla Deposizione del Pontormo. Grazie a questo accorgimento Perugino riuscì a dare all'affresco un aspetto finale di armonia tra le parti. 

Infine, osservando attentamente l'opera è possibile individuare le caratteristiche che anticipano la composizione realizzata da Raffaello, tra gli anni 1508-1511, nella scena della Disputa del SS: Sacramento per la Stanza della Segnatura

📷 Crediti fotografici:
-Affresco di San Severo di Perugia © Web Gallery of Art
- La Deposizione del Pontormo © Fantarts 
- Disputa del SS. Sacramento © Musei Vaticani 
🔎 Informazioni: Visita il sito 👉 http://turismo.comune.perugia.it/poi/cappella-san-severo 
📚 Per approfondimenti segnalo: 
- John Shearman, Arte e spettatore nel Rinascimento italiano, Jaca Book, Milano, 1995.
- Konrad Oberhuber, Raffaello. L'opera pittorica, Elemond Electa Mondadori, Milano, 1999. 
- Federico Zeri, Dietro l'immagine. Conversazioni sull'arte di leggere l'arte, Tea, Milano, 1990.


I Girasoli di Van Gongh venduti per 39 milioni di dollari

Trentatré anni fa il presidente della Yasuda Fire & Marine Insurance Co. acquistò un "Vaso con quindici girasoli" di Van Gogh, datato 1888. Il dipinto, venduto dalla casa d'aste Christie's per 39 milioni di dollari, si trova oggi presso il Seiji Togo Memorial Sompo Japan Nipponkoa Museum of Art a Tokyo. Tutto questo accadde oggi, nel 1987. 
Non c'è giornata migliore dunque per celebrare l'artista olandese, considerato inoltre che proprio oggi ricorre l'anniversario della sua nascita.
La serie dei Girasoli, dipinti ad olio su tela, vennero realizzati tra il 1888 e il 1889 durante il periodo di attività tra Parigi ed Arles. La maggior parte delle pitture sono firmate dall'artista sul vaso, col solo nome di battesimo, e si caratterizzano per un numero di girasoli sempre diverso. 
Il girasole, oggi vero iconema della pittura di Van Gogh, viene rappresentato dal pittore in versioni differenti. Questi infatti sono mostrati nelle loro fasi esistenziali: il primo bocciolo, la maturità e l'appassimento. Parafrasando, è possibile immaginare come questi momenti rappresentino la fasi tormentate dell'artista. 
La pennellata usata è ruvida, corposa, a tratti violenta e questo non fa altro che confermare quanto si è detto precedentemente: le vita del pittore è riflessa in quella del girasole. La serie dei Girasoli mostra la profonda manifestazione dello stato d'animo di Van Gogh. Lo spirito inquieto e sensibile, che lo accompagnerà per tutta la sua vita, emerge dettagliatamente. Lo stile pittorico, quasi scultoreo, fa sì che i girasoli, emergendo dal fondo piatto e monocromo, acquisiscano volume e movimento. 

📷 Crediti fotografici: Sjnk Museum Tokyo; Neue Pinakothek Monaco di Baviera
🎨 Opera: Olio su tela di Van Gogh