Il Museo del futuro: dove la natura completa l'arte e l'arte salva l'ambiente

L'arte di Jason deCaires Taylor proietta il suo spettatore direttamente nelle profondità dell'oceano. Nato nel 1974 da padre inglese e madre guyanese, trascorse la sua infanzia in Malaysia. Crebbe tra Europa e Asia, trascorrendo molto tempo tra i fondali marini, esplorando le barriere coralline. Studiò poi presso l’Accademia delle Belle Arti di Londra, diplomandosi nel 1998 con una tesi in scultura e ceramica. Nonostante questo non abbandonò mai la sua passione per l'oceano, ed anzi, attraverso essa ha costruito la propria poetica artistica. 

Le opere di Taylor sono delle vere e proprie barriere coralline, seppur in parte artificiali. Attraverso delle sculture accuratamente realizzate, e installate sul fondo del mare, è riuscito a ricostruire gli habitat naturali che stavano scomparendo. Ogni scultura viene creata usando un cemento durevole a pH neutro non tossico, privo di sostanze inquinanti nocive, le quali, una volta adagiati nell'acqua, diventa parte integrante dell'ecosistema locale.

Il carattere ruvido del cemento incoraggia le larve del corallo ad attaccarsi e prosperare, in questo modo si creano delle nicchie scure utili ad offrire riparo a pesci e crostacei. Tutto ciò viene costantemente controllato e verificato dagli esperti del settore: gli scienziati marini si assicurano infatti che le opere una volta immerse, abbiano un sano impatto ambientale sul territorio circostante. Tutta questa attenzione è fondamentale se si vuole dare una seconda vita a zone ormai prive di alcun essere vivente. Vicissitudes, scultura realizzata nel 2007, fa parte del gruppo di opere sottomarine di Molinere, presso Grenada. Le figure fecero immediatamente pensare si trattasse di un omaggio agli schiavi africani, gettati in mare durante il Middle Passage. L'intenzione di Taylor non era però questa, come dichiarò lui stesso, ma nonostante ciò l'istallazione ci parla forte e chiaro: la schiavitù non ha ragione di esistere. 

Nel 2009 l'artista inglese inizia la costruzione del Museo Subacuático de Arte, o più semplicemente MUSA, nelle acque che circondano Cancun in Messico. Il progetto è frutto della collaborazione dell'artista con Jaime Gonzalez Cano, del National Marine Park, e Roberto Diaz dell'associazione nautica di Cancun. Questo museo marino è composto da più di quattrocento sculture tra cui ricordiamo Hombre en llamas, ossia l'Uomo in fiamme, e Inertia. La prima scultura raffigura una uomo solitario in piedi, che presenta le fattezze fisiche di un pescatore messicano locale, chiamato Joachim, preso a modello dall'artista. L'uomo brucia, ma è inconsapevole della sua situazione, al pari di tutti gli uomini che non si rendono conto dell'emergenza ambientale che stiamo vivendo. La figura presenta settantacinque fori, realizzati per permettere ai coralli di fuoco, scientificamente i Millepora alcicorni, di poter crescere in un luogo sicuro. Questo tipo di corallo cresce velocemente e può avere colori diversi, dal giallo al marrone, ma la sua peculiarità è che provoca una sensazione di torpore se lo si tocca. Questa specie vivente, crescendo all'interno dei fori, darà vita ad uno straordinario gioco di forme: sviluppandosi verso l'esterno apparirà appuntito, come fosse una vera fiamma.

Inertia, anch'essa parte di MUSA, ci presenta un uomo obeso intento ad osservare la televisione sul divano, mentre mangia un hamburger di un fast food. La scena è una forte critica socio-politica nei confronti di coloro che ignorano l'ambiente, ma soprattutto di che si arricchisce a sue spese. 

Nel 2016 Taylor realizza Rubicon, un’installazione composta da più di trecento statue. Le figure camminano verso l'uscita, o l'entrata, di una cancellata alta trenta metri. Passare il Rubicone è per queste statue di significativa rilevanza. L'intera opera infatti, fa riflettere sull'importanza che hanno le scelte dell'uomo, in un periodo storico delicato come quello in cui stiamo vivendo. La cancellata rappresenta un confine, ed oltrepassarlo significherebbe prendere una decisione che, si spera per l'umanità, voglia significare consapevolezza e presa di coscienza di come l'uomo abbia distrutto, e di come possa ancora rimediare. In caso contrario, la catastrofe sarebbe inevitabile. 

L'oceano più profondo è un museo colmo di manufatti e resti antichi, come i relitti delle navi o gli oggetti perduti. Attraverso le opere di Taylor possiamo immaginare un futuro museo marino, animato da sculture che parlano e che fanno sperare in una umanità in grado di imparare e di migliorarsi. Per mezzo dell'arte si può creare qualcosa di positivo, in grado di ricostruire un ecosistema perduto o in via di estinzione. La critica rivolta alla società contemporanea da parte del'artista, vuole essere un monito per le generazioni future, ma allo stesso tempo lascia spazio al perdono e, attraverso di esso, si redime l'umanità, assicurandole una nuova speranza. 

Joseph Beuys: artista sciamano dalle sfumature ecologiche

Joseph Beuys, nacque il 12 maggio 1921 a Krefeld, in Germania. Fu performer, scultore, insegnante e teorico. Fu inoltre co-fondatore del Green Party ed artista partecipante nel gruppo Fluxus. Fin da bambino fu affascinato dalla natura, motivo per cui catalogava ossessivamente le piante selvatiche che trovava. Allo stesso modo, amava il folklore e i miti nordici, specialmente quelli riguardanti le creature dotate di potere mistico. Beuys infatti si identificava con quegli animali che riteneva fossero degli spiriti guardiani. Il mondo animale e naturale non è inteso da Joseph Beuys come un semplice sistema ecologico, bensì in connessione alla vita umana. 

Alcune sue performance potranno chiare meglio la questione: nel novembre del 1965 egli realizza Wie man dem toten Hasen die Bilder erklärt ossia Come spiegare la pittura a una lepre morta. La performance si basa proprio sul rapporto tra animale e uomo. La piccola lepre, ormai priva di vita, viene cullata e fatta camminare dall’artista stesso. Questi movimenti suggeriscono, poeticamente, la potenziale guarigione insita nell’arte, capace di salvare un'umanità in cerca di sé stessa. 

Nella performance I like America and America likes me del 1974, è invece il rapporto tra l’artista e un coyote ad essere oggetto di riflessione. L’animale, considerato dai nativi americani un Dio potente e capace di muoversi tra il mondo fisico e quello spirituale, incontra un Joseph Beuys avvolto da una coperta di feltro, con un cappello ed un bastone. Se all’inizio i due sembrano soffrire la vicinanza l’una dell’altra, col tempo il coyote accetta l’uomo e vi stabilisce una riconciliazione. A partire dagli anni Settanta Beuys organizza una serie di azioni di protesta ecologica. Iniziò salvando una foresta in pericolo vicino a Düsseldorf nel 1971. 

A partire dal 1982 invece, nella cittadina di Kassel, in occasione della manifestazione internazionale di arte moderna e contemporanea dOCUMENTA 7, Beuys, con l’aiuto di volontari, piantò 7000 querce accompagnandole da una pietra in basalto. L’obiettivo della sua azione era quello di alterare e stimolare gli spazi sociali della città, fisicamente, spiritualmente e metaforicamente. Nonostante la morte dell’artista, avvenuta nel 1986, la sua missione si concluse cinque anni dopo il suo inizio, in combinazione con l’edizione successiva della manifestazione dOCUMENTA.


La Città Eterna ed Audrey Hepburn

Il film Vacanze romane è stato girato da William Wyler nel 1953, e vede come protagonisti gli attori Gregory Peck e Audrey Hepburn, nei panni rispettivamente di Joe Bradley e della principessa Anna. Audrey Hepburn vinse l'anno successivo l'Oscar come migliore attrice protagonista. 
Non è un caso se quest'oggi sarà al centro del nostro articolo: il 4 maggio 1929 infatti l'attrice nasceva in Belgio. E cosa c'è di meglio dell'unione del ricordo per questa grande interprete del cinema, con la nostra amata Storia dell'Arte? Il titolo del film è eloquente: i nostri protagonisti si trovano nella città eterna, Roma, la quale ci viene mostrata da Wyler in tutta la sua bellezza. 
La narrazione è semplice e gli eventi si susseguono in maniera lineare: la principessa è in viaggio per l’Europa per motivi diplomatici e, dopo Londra, Amsterdam e Parigi, arriva a Roma. Dopo settimane di spostamenti, colazioni e cene ufficiali, la principessa avrà un esaurimento nervoso che verrà calmato soltanto da un sedativo. Non appena tutti i collaboratori di corte saranno usciti dalla sua stanza da notte, la principessa verrà invogliata dalle risate esterne ad uscire fuori per godersi la città. Ecco che inizia il nostro viaggio per le antichità romane. 
Dalla famosa via Margutta alla Fontanta di Trevi, passando per la scalinata di Trinità dei Monti e piazza di Spagna, la giovane principessa arriva in piazza della Rotonda accompagnata da Joe, un giornalista sotto copertura conosciuto soltanto la sera prima. Con il Pantheon negli occhi si godono caffè freddo e champagne presso il Caffè Rocca, oggi sostituito da un negozio di abbigliamento. A bordo dell’iconica Vespa i due protagonisti si spostano velocemente per la città: il Colosseo, l’altare della Patria, piazza Venezia, l’Ara Coeli, il Campidoglio, Teatro Marcello e la Bocca della Verità sono le bellezze che vengono impresse dalla telecamera. 
La serata bohémien si concluderà con una festa sul Lungotevere. La principessa rimarrà strabiliata dalla bellezza di Castel Sant’Angelo, e come darle torto! Dopo alcune peripezie, una fuga rocambolesca a ritmo di musica e adii, il film si conclude all'interno dell'imponente galleria di palazzo Colonna.
La grandezza di questo film non risiede soltanto nel fatto che i luoghi mostrati siano dei capolavori senza tempo, ma anche nella magistrale interpretazione di Audrey Hepburn. L'attrice ha reso la principessa Anna una donna dall’animo puro, elegante, ma allo stesso tempo frizzante e romantica, insomma una vera donna amante della vita e della sincerità dei rapporti umani.

📷 Crediti fotografici: Getty Images